3 Ottobre, 2025
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    Come InvestireCome si svolge lo studio di un mercato con l'analisi tecnica

    Come si svolge lo studio di un mercato con l’analisi tecnica

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    L’analisi tecnica di un mercato, un settore, un titolo o qualsivoglia attività finanziaria parte sempre dai prezzi, che rappresentano la risultante dell’incontro tra la domanda e l’offerta.

    L’analista cerca di individuare i vari trend in essere sui differenti orizzonti temporali, partendo dall’orizzonte più lungo (su grafici mensili e settimanali) e scendendo ad orizzonti sempre più brevi (su grafici giornalieri, orari, a 5 minuti, ecc.), individuando i vari livelli di supporto e resistenza (ne abbiamo parlato nell’articolo Guida pratica all’analisi tecnica), l’esistenza di figure di continuazione o inversione del trend e patterns particolari sul grafico a candele.
    Soltanto dopo avere effettuato questa necessaria analisi, si potranno cercare delle conferme ricorrendo ad altri indicatori. Tra i più usati dagli analisti vi sono le medie mobili, l’RSI, lo Stocastico, il MACD, il ROC. Aldilà delle differenze, si tratta comunque di indicatori di momentum, che rivelano cioè la forza di un movimento.

    Se analizziamo un qualsiasi trend rialzista possiamo notare come ci sono delle fasi in cui i prezzi crescono a tassi crescenti (la concavità del grafico è rivolta verso l’alto) e delle fasi, pur crescenti, nelle quali la crescita avviene a tassi decrescenti (la concavità è verso il basso).
    Usando il linguaggio dell’analisi matematica possiamo dire che in entrambe le fasi la derivata prima è positiva (i prezzi salgono) ma nella prima fase la derivata seconda è positiva (la dinamica di salita è forte, in accelerazione) mentre nella seconda fase la derivata seconda è negativa (la dinamica è più debole, in decelerazione).
    Lo stesso discorso si può fare per un trend ribassista. Se i prezzi scendono la derivata prima è sempre negativa, ma la discesa può avvenire in modo veloce, con tassi crescenti (concavità verso il basso o derivata seconda negativa) oppure con tassi decrescenti, più lentamente (concavità verso l’alto o derivata seconda positiva).

    Volendo fare un’analogia con la fisica, potremmo parlare di “velocità” del mercato come del rapporto tra lo spazio percorso – ovvero la variazione di prezzo – ed il tempo impiegato a percorrerlo. Anche il mercato è sottoposto ad “accelerazioni” e “decelerazioni”, che in termini analitici sono la derivata prima della “velocità” rispetto al tempo (ovvero la derivata seconda della variazione dei prezzi rispetto al tempo). Un movimento è poi più o meno significativo, a parità di altri fattori, a seconda dei volumi che lo sostengono (i volumi “moltiplicati” per la “velocità” dei prezzi, ovvero la massa moltiplicata per la velocità – per continuare l’analogia con la fisica – definiscono per l’appunto la quantità di moto, o momentum).

    Queste considerazioni sono fondamentali per comprendere la dinamica del mercato. E’ molto raro che un forte trend positivo si trasformi immediatamente in un forte trend negativo (o viceversa). Quasi sempre ci sono delle avvisaglie, interpretabili come perdita di momentum, ovvero perdita di spinta, di forza. Le variazioni nella dinamica del trend vanno attentamente monitorate perché possono aiutare a completare il quadro dell’analisi.

    In tale ottica, i vari indicatori disponibili (RSI, MACD, ROC, ecc.) servono ad analizzare il momentum, la forza della dinamica dei prezzi.

    Alcuni indicatori sono detti anche “oscillatori” perché sono costruiti in modo che non possono uscire da due bande (0 e 1, oppure 0 e 100).
    La parte “bassa” dell’oscillatore – da 0 fino a 20 o 30 – è la zona detta di “ipervenduto”, mentre la parte “alta” dell’oscillatore – da 100 fino a 70 o 80 – è la zona detta di “ipercomprato”.
    Quasi sempre l’utilizzo di questa terminologia trae in inganno molti risparmiatori e spesso anche molti “addetti ai lavori”. Quando il mercato si muove in una fase di congestione laterale, l’operatività usuale è di acquistare nella parte bassa per poi rivendere nella parte alta. In tale contesto gli oscillatori funzionano molto bene: la zona di “ipervenduto” segnala livelli di acquisto (quando l’oscillatore ritorna verso l’alto) mentre la zona di “ipercomprato” segnala livelli di vendita (quando l’oscillatore ritorna verso il basso). Tuttavia, quando il mercato è in trend, tale utilizzo degli oscillatori porta a pessimi risultati.

    Se, per esempio, parte un trend rialzista molto forte, è probabile che gli oscillatori vadano presto in “ipercomprato”, e spesso si sente dire che sarebbe auspicabile una correzione per consentire al mercato di “scaricare” gli oscillatori. Niente di più falso: la presenza degli oscillatori nella fascia di “ipercomprato” in un forte trend rialzista è una conferma e non già una smentita della forza del trend.
    Un segnale preoccupante, invece, è proprio la fuoriuscita dalla zona di “ipercomprato”, perché potrebbe anticipare una correzione al ribasso. Lo stesso discorso, mutatis mutandis, vale per un trend ribassista.

    Un altro uso degli oscillatori consiste nell’individuare eventuali “divergenze” rispetto al trend . Se, ad esempio, il trend è al rialzo e gli oscillatori stanno uscendo dalla zona di “ipercomprato” – e quindi sono inclinati negativamente – siamo in presenza di una “divergenza ribassista”: il trend sta perdendo momentum, il rischio di correzioni è alto. Se il trend è al ribasso e gli oscillatori stanno uscendo dalla zona di “ipervenduto” – e quindi sono inclinati positivamente – siamo in presenza di una “divergenza rialzista”: il trend sta perdendo momentum, forse il movimento al ribasso è in fase di esaurimento.

    E’ opportuno utilizzare un numero limitato di oscillatori, al massimo 3 o 4: quando tutti sono concordi tra loro – e con l’analisi dei prezzi a monte – aumentano le probabilità che l’analisi sia corretta. Bisogna poi evitare di andare, di volta in volta, alla ricerca di un indicatore che ci dica quello che vorremmo sentirci dire. Gli indicatori segnalano sempre il momentum del mercato nell’orizzonte temporale definito. Quindi è del tutto verosimile che i segnali siano diversi se spostiamo l’analisi su orizzonti temporali di
    riferimento differenti, poiché in tal caso stiamo analizzando dei trend di ordine differente.

    Se, ad esempio, il trend di “lungo” è positivo mentre quello di “breve” è negativo, molto probabilmente tale divergenza si rifletterà sugli oscillatori riferiti a cicli temporali differenti, ottenendo così indicazioni contradditorie. E’ perciò necessario “tarare” l’orizzonte temporale degli oscillatori utilizzati in modo coerente tra loro, con il trend che si sta analizzando e con l’operatività che si intende porre in essere.

    In seguito alcuni articoli utili per approfondire l’argomento:

    Guida completa per investire sul forex. Impariamo a fare Trading Online

    Guida Completa sull’utilizzo dell’Analisi Tecnica

    Guida all’uso delle Candele Giapponesi nel trading online

    Doveinvestire
    Doveinvestire
    Amministratore e CEO del portale www.doveinvestire.com, Simone Mordenti è anche analista finanziario, trader con oltre 25 anni di esperienza. Classe 1974, si avvicina al mondo del trading, ed in particolare agli investimenti su indici di borsa e azioni, grazie all’affiancamento di esperti del settore. Una forte passione per le scienze statistiche e l’analisi tecnica sui mercati finanziari, da diversi anni si occupa di giornalismo finanziario in diversi portali del settore, in veste di analista tecnico e trading advisor.
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