Oggi si chiude oggi la settimana con l’evento più atteso, ovvero il dato sui payrolls, che misura i nuovi posti di lavoro del settore non agricolo, quindi del comparto industriale e dei servizi. Le previsioni parlano di una crescita di circa 650.000 posti di lavoro con un tasso di disoccupazione che è previsto tornare al 6%, migliore di quel 6.2% uscito nella precedente rilevazione. Il dato sull’Adp di mercoledì scorso, anch’esso decisamente migliore del consensus, aveva contribuito a ridare slancio ai mercati azionari che parevano leggermente in flessione, contribuendo così alla formazione di nuovi massimi sull’S&P500 che ieri ha superato per la prima volta nella sua storia i 4000 punti. Il Dow Jones è rimasto anch’esso a 100 punti dai massimi di 33.130 punti e il Nasdaq, il più colpito recentemente dall’aumento dei rendimenti, è tornato a 500 punti dai massimi ovvero il 4%. Tra l’altro i dati Usa pubblicati ieri sull’Ism manifatturiero, ovvero l’indice dei direttori di acquisto del aziende del settore, ha fatto registrare un balzo a 64.7 nel mese di marzo, ben al di sopra delle attese che erano per un rialzo a 61.3, e superiore al dato precedente di 60.8. Si tratta del numero più alto dal 1983. Chi si aspettava di conseguenza un rialzo del dollaro però è rimasto profondamente deluso perché la divisa americana invece, ha cominciato a scivolare contro le valute concorrenti e la price action è parsa tornare quella che abbiamo vissuto per almeno 10 mesi dal marzo scorso, ovvero mercati in appetito al rischio con le borse che salivano senza interruzione e dollaro in persistente discesa.
Cosa è successo quindi, per far tornare tutto come era prima? La risposta sembra univoca, ovvero la discesa dei rendimenti dei titoli di stato che sul decennale Usa hanno evidenziato un calo di 7 punti, da 1.75% a 1.68%. Tanto è bastato per far comprendere ai mercati che la forza che si contrapponeva al Qe, ovvero le aspettative di rialzo anticipato del costo del denaro da parte della Fed, e che controbilanciava l’enorme massa di liquidità delle banche centrali, sembra venir meno, ridando quindi fiato alle correlazioni precedenti, che vedevano una divisa americana scendere parallelamente a nuovi massimi del mercato azionario Usa. E tutto questo nonostante la ripresa della congiuntura Usa sia ben avviata. Si legge poi, oltretutto, che a contribuire a tale ritorno di questa correlazione, sia stata anche la decisione presa dall’amministrazione Biden di rilanciare ulteriormente l’economia attraverso un piano di investimenti in infrastrutture da 2 mila miliardi di dollari nei prossimi 8 anni, che, sebbene criticato aspramente dalle opposizioni, sembra aver decisamente contribuito a modificare la price action di breve termine. Di fatto questa nuova liquidità sembra dare ragione a chi pensa che i tassi non verranno alzati per lungo tempo. E se i rendimenti continueranno a scendere, pare inevitabile un nuovo declino del dollaro di fronte alla persistente crescita dei listini Usa.
Sul fronte cambi, tutto ciò si è tradotto nella risalita sopra 1.3800 del Cable, una ripresa anche di quell’EurUsd che sembrava avviato al test di 1.1600, con un ritorno a 1.1780, mentre le oceaniche hanno galoppato riportandosi sopra 0.7620 e 0.7020 rispettivamente per Aud e Nzd. UsdCad in declino al di sotto di 1.2550 nonostante l’Opec abbia deciso solo per una leggera e graduale riduzione della produzione a partire da maggio. Petrolio sopra 61 dollari al barile, oro a 1730 dollari l’oncia e il solo UsdJpy che tiene in ragione del fatto che l’appetito al rischio continua comunque a tenere lo Jpy basso. E il mercato, ad eccezione in parte della valuta nipponica, è tornato dollaro centrico.
La settimana che si apre si annuncia interessante anche se sul fronte dati anche se pochi saranno i market mover rilevanti, e tra questi le bilance commerciali dei paesi del primo mondo, unitamente ai pmi dei servizi e compositi relativi alle major. Ma la chiave sarà l’andamento dei rendimenti e solo una pronta risalita potrebbe ridare qualche chance al dollaro di riprendere quota e momentum rialzista. Di fatto siamo entrati in una fase laterale di medio termine che persiste e, almeno per il momento, non dovrebbe modificarsi e con buona pace dell’aumento dell’inflazione.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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