Che la volatilità fosse tornata a visitare il mondo il trading lo si era capito benissimo osservando i capitomboli dell’Nikkei nella scorsa nottata.
Vedere il Cfd sul Giappone oscillare di 900 punti non è cosa di tutti i giorni, anche tornando indietro nel tempo.
Pur rilevando che a 14 giorni, dopo un rialzo davvero rilevante , sul grafico giornaliero della borsa giapponese avevamo un Rsi sopra 80 da metà ottobre (con divergenze tra prezzi e miei indicatori al di sopra di 21.880), non si può negare che sia stato questo un antipasto di una seduta europea decisamente difficile e nella quale la rottura di prezzo avvenuta in area 13.450 circa del Dax mercoledì scorso aveva già peraltro dato via ad una fase di correzione.
Correzione che, va detto, ha per il momento riposizionato i prezzi ma non invertito i trend di base. In ogni caso i grafici sono certamente molto meno belli di quelli di una settimana fa, e confermano che gli inviti alla prudenza avevano e hanno un loro senso.
Possono esserci diverse spiegazioni a quanto avvenuto.
Da un lato la stagnazione delle quotazioni per le principali borse intervenuta fra giovedì 2 novembre e lunedì scorso aveva per l’ennesima volta compresso i ratei di volatilità, accompagnandosi a una visibile divergenza prezzi/indicatori sui time frame orari che ha giustamente suggerito a molti operatori di alzare il piede dall’acceleratore.
La robustezza del ciclo rialzista delle materie prime ha di nuovo portato l’attenzione delle sale operative sui temi dell’inflazione, dove da un lato abbiamo una Fed piuttosto convinta di ciò che deve fare, mentre regna sovrana la confusione in Bce.
Da un punto di vista politico/economico, il balletto che ieri abbiamo visto fra Unione Europea e Bce sulla questione degli Npl (cui non sono certo estranee le notizie italiane sui nuovi guai di alcune banche e sulla mancata vigilanza di Bankitalia) non credo sia stato elemento di stabilità, e quando si fa strada l’insicurezza ogni scusa è buona per farsi da parte.
Peraltro osservando un grafico sull’indice europeo delle banche si può notare che le stesse sono vendute da fine ottobre, e quindi il mercato era già molto preparato e informato su ciò che era corretto fare.
In America poi le divergenze fra Camera e Senato sul taglio alla corporate tax non hanno aiutato, con la conferma a mercati europei chiusi che il Senato vuole affrontare questa ipotesi soltanto il 2019 e ciò ovviamente ha inviato un segnale risk off.
Un risk off che ha contagiato anche le obbligazioni, su cui avevo già segnalato le mie perplessità sul loro ultimo rialzo accompagnato dalla forza del dollaro e delle materie prime; correlazione questa, che di norma va in senso opposto.
Considerando che andremo a terminare questa ottava – a meno di particolari sorprese – in modo molto diverso da come le borse la hanno iniziata (e questo vale anche per Bund e T.Bond) non credo sia il caso che gli investitori vadano a cercare scommesse rischiose, anzi.
Ritengo pertanto importante un attento monitoraggio dei principali livelli di prezzo, che sono andati a modificarsi sensibilmente e che denotano un incremento della volatilità attesa.
In dettaglio ecco i livelli di equilibrio/top/bottom – calcolati per la seduta odierna – dei principali strumenti finanziari da me monitorati:
- Dax: 13.216- top a 13.340, bottom 13.030
- Eurostoxx: 3610- top a 3647, bottom 33560
- Bund: 162.74- top a 163.19, bottom 162.05
- FtseMib40: 22598 – top 22.860, bottom 22260
- Sp500: 2582, top 2600 bottom 2564
- Nasdaq: 6312, top 6371, bottom 6253
- Dow Jones: 23.411, top 23.552, bottom 23.250
Buon trading a tutti
Giovanni Lapidari per ActivTrades
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