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Ieri, nel nostro consueto commento relativo ai mercati, avevamo ipotizzato che Jerome Powell si sarebbe, per coerenza, e per non perdere di credibilità, mostrato ai mercati con il medesimo tono e approccio delle ultime riunioni della Fed, ovvero pensavamo avrebbe puntato il dito contro l’inflazione e al contempo avrebbe evidenziato la volontà di combatterla ad ogni costo, anche affrontando il rischio eventuale di una recessione. Così è stato, almeno nella prima parte della conferenza stampa che ha fatto seguito alla decisione, peraltro scontata, del rialzo del costo del denaro di 75 basi points, con i Fed Funds al 2.5%. Si è trattato del quarto aumento consecutivo.
Ora, il mercato sconta altri due rialzi da 50 basis points con i tassi che a fine 2022 potrebbero essere intorno al 3.5%. Fin qui, quindi tutto secondo le previsioni. La vera sorpresa è giunta nella seconda parte della conferenza stampa quando il Governatore ha cominciato ad ammettere, tra le righe, che si aspetta di fatto un rallentamento economico tale da rendere meno prevedibili ai mercati, le prossime decisioni di politica monetaria, che, ha ricordato, dipenderanno dai dati e non saranno annunciate con grande anticipo, come era stato fatto fino ad ora.
Si tratta già di una ammissione importante, ovvero ammettere che l’outlook sia già in fase di rallentamento, peraltro voluto, che porterà alla discesa dei prezzi. Powell ha ricordato che prima o poi il ritmo di salita dei tassi comincerà a rallentare fino ad arrivare velocemente al livello di neutralità, che non appare lontano. Inoltre, ha ricordato che gli effetti degli ultimi rialzi non si sono ancora visti e ciò dipende proprio dalla rapidità con cui la Fed ha agito in precedenza. Ciò significa che il rallentamento macroeconomico deve mostrare ancora i suoi effetti che cominciano a intravedersi solo ora.
Ha ancora ricordato che la Fed, ora, si deve chiedere se la politica monetaria sia sufficientemente restrittiva da portare l’inflazione al ribasso. Ha anche ammesso che è difficile fare una previsione certa a 6 / 12 mesi, dichiarando che il livello neutro dei tassi sarà tra il 3 e il 3.5 per cento. Il che significa un ulteriore incremento che va dal mezzo punto percentuale al punto intero. Non molto quindi. Di fatto poi ha spiegato che la Fed vuole un soft landing e se lo aspetta come tale, senza alcun timore, almeno per il momento, di vedere la recessione.
Il mercato, di fronte a queste dichiarazioni, per certi versi sorprendenti, si è rapidamente girato, con il dollaro che ha perso terreno contro tutte le principali valute, Euro, Gbp, Cad, Aud, Nzd e pure il tanto bistrattato Jpy, che nonostante le parole accomodanti della Boj, ha guadagnato circa 200 pips sul biglietto verde scendendo a ridosso di 135.00. EurUsd sopra 1.0200, Cable sopra 1.2150, Aud a ridosso di 0.7000 e NzdUsd a 0.6270. Siamo in una prima fase di correzione che potrebbe anche proseguire e forse accelerare, senza dimenticarci però la cosa più importante, ovvero la tendenza naturale dei cambi originali, che ci dice che il dollaro, in ragione della divaricazione dei tassi, ai massimi degli ultimi anni, non può che essere comprato su ogni ribasso, almeno per il momento e almeno fino a quando anche le altre banche centrali alzeranno i tassi per ridurre la forbice. Ergo ogni correzione per il momento deve essere vista e interpretata come tale e nulla più. Per le inversioni di medio o lungo, bisogna attendere o una eventuale recessione negli Usa, oppure un rialzo del costo del denaro aggressivo in altre aree, oppure ancora la fine della guerra e delle sanzioni.
Per il momento, la volatilità resta alta e il mercato assai interessante con operatività bilaterale sulle aree di swing, in un contesto di grande interesse verso i dati macro. Tra questi oggi, segnaliamo l’inflazione in Germania e la rilevazione del Pil Usa del secondo trimestre, atteso a +0.5% su base mensile oltre ai dati sula disoccupazione settimanale, che assumono un ruolo centrale perché potrebbero segnalare un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell'analista

Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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