Come ampiamente previsto dagli analisti, i tre tassi della Bce, ovvero quello dei prestiti marginali, dei rifinanziamenti e dei depositi, sono rimasti invariati rispettivamente allo 0.25%, lo 0% e -0.50%. Nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla decisione il Governatore Lagarde ha mantenuto, almeno per ora, lo stesso atteggiamento del suo predecessore, Mario Draghi, ovvero un bias dovish, cioè un atteggiamento, verso i tassi, assolutamente accomodante. Chi pensava che l’influenza dei falchi della Bce potesse avere il sopravvento, per il momento è rimasto deluso. Lagarde ha affermato che la politica monetaria deve rimanere, e rimarrà, altamente accomodante, e che il Consiglio Direttivo sarà pronto ad adeguare gli strumenti, possibilmente anche abbassando ancora i tassi fino a quando l’inflazione non inizierà a convergere verso il livello obiettivo, che come sappiamo è fissato al 2%. Lagarde si è detta preoccupata per i tassi troppo bassi in un contesto di crescita bassa e preferirebbe tassi più elevati, ma ad oggi non è possibile un rialzo. L’inflazione si è però stabilizzata, ha registrato un lieve rialzo e nel medio termine dovrebbe riprendersi. La reazione dell’Euro, a parte uno spike rialzista momentaneo legato a quanto detto dal Governatore relativamente al fatto che vorrebbe tassi più alti, è stata quella naturale di una valuta che qualcuno vuole deprezzare, ovvero una discesa lenta e strutturale verso i primi obiettivi fissati a 1.1025-30 area. Il delta tasso con il dollaro, ma soprattutto le differenti prospettive di crescita delle due aree, oltre all’enorme differenza legata alle differenti politiche monetarie delle due aree, rendono il dollaro decisamente più appetibile della moneta unica, su tutti i fronti e stride il paragone tra le due aree valutarie. E tra l’altro, sorprende anche la tenuta della moneta unica, ancora sopra 1.10.
Bisogna riconoscere infatti che la politica monetaria degli Usa ha portato ad un abbassamento della pressione fiscale e ad un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro che rispetto a quanto accade nei differenti paesi europei, è evidente. La disoccupazione europea è ben più del doppio di quella Usa, 7.5% contro il 3.50%, Il Pil Usa cresce del 2.1% contro l’1.20% del Pil di Eurozona, l’inflazione Usa è al 2.3% contro l’1.3% di quella dei diretti concorrenti da questa parte dell’oceano. Il Debito rispetto al Pil, negli Usa è il 106.1% mentre in Europa non è poi sia così lontano, essendo all’87.9%. La popolazione Americana è composta da 327 milioni di abitanti contro quella di Eurozona di 341 milioni. Il Pil Usa è di 20.494 miliardi di dollari contro i 13.670 miliardi di dollari del vecchio continente. Se poi pensiamo che tutto questo avviene in un contesto in cui la bilancia commerciale europea mantiene un surplus di 20.72 miliardi di euro, mentre quella Usa appare ancora in deficit di 43.08 miliardi di dollari, ci si rende conto di quanto margine di miglioramento vi sia in quella Usa rispetto a quella Europea, soprattutto alla luce degli accordi sui dazi che Trump pretende per ridurre questo evidente gap. Questo dovrebbe aprirci gli occhi su quanto siano diversi gli approcci di politica economica nelle due sponde dell’oceano atlantico. Il nostro non è un approccio ideologico, ma ritiene di essere basato sui numeri e sui fatti che dovrebbero far capire come le politiche monetarie e fiscali del vecchio continente si siano rivelate insufficienti in un mondo che cresce a ritmi insostenibili per noi, e la ragione forse, è da ricercare nell’approccio differente che le altre aree del mondo hanno verso le soluzioni di problemi macro. E in aggiunta, qualcuno forse, dovrebbe cominciare a mettere in discussione questo modello europeo, che ha portato esclusivamente ad una Unione Monetaria prematura e che non risolve affatto le divergenze tra paesi all’interno della Ue, ma anzi le acuisce. Tornando al nostro mercato quindi, dobbiamo essere consapevoli che l’Euro ha poche chance di salire contro la divisa americana, se i tassi rimarranno quelli attuali e se i dati continueranno ad evidenziare tali stridenti differenze, se non per correzioni per ora limitate. E’ chiaro che tutto questo porta ad un contagio globale verso le altre valute e rende il dollaro ancora l’unica valuta appetibile sulla scena. Pertanto è prematuro costruire posizioni contro biglietto verde, e conviene concentrarsi sul trading di breve, per operazioni veloci e senza grandi pretese.
Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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