
Negli ultimi mesi i principali indici azionari hanno registrato massimi storici, con una crescita che sembra ignorare qualsiasi prudenza. Valutazioni elevate, uso massiccio di leva finanziaria e dipendenza da settori altamente speculativi stanno alimentando quella che molti analisti considerano una possibile bolla finanziaria. Tra le voci più autorevoli spicca quella di Steve Hanke, economista di fama internazionale, che mette in guardia da uno scenario in cui la combinazione tra eccessi di mercato e fragilità strutturali potrebbe tradursi in una crisi dei mercati ben più seria di una normale correzione.
Per gli investitori comprendere questa analisi significa poter valutare con maggiore consapevolezza come investire nei prossimi anni, quali rischi tenere sotto controllo e perché investire in oro stia tornando una scelta centrale nelle strategie di protezione del capitale.
Perché Steve Hanke parla di bolla finanziaria
Valutazioni scollegate dall’economia reale
Secondo Hanke i mercati statunitensi mostrano segnali evidenti di sopravvalutazione. Il Price-to-Sales dell’S&P 500 ha superato i livelli raggiunti durante la bolla Dot-Com, mentre il cosiddetto Buffett Indicator, che rapporta la capitalizzazione totale delle azioni al PIL, viaggia oltre il 220%, ben al di sopra delle medie storiche. Questo significa che i prezzi delle azioni stanno crescendo molto più rapidamente dell’economia reale, una condizione che nel passato ha spesso anticipato una fase di forte correzione.
Molte società tecnologiche quotano a multipli che presuppongono tassi di crescita degli utili estremamente ambiziosi. Extra profitti che, se non dovessero materializzarsi, costringerebbero il mercato a rivedere drasticamente le valutazioni, con conseguenze dirette sui portafogli degli investitori privati.
Il ruolo della speculazione tramite derivati
Un altro segnale che alimenta l’allarme riguarda l’esplosione dei volumi sulle opzioni a zero giorni di scadenza (0DTE). Questi strumenti, utilizzati per scommettere sui movimenti intraday degli indici, rappresentano ormai una parte consistente delle negoziazioni sull’S&P 500. Si tratta di contratti estremamente speculativi, spesso usati senza una vera strategia di gestione del rischio.
Quando una quota così elevata degli scambi è guidata da scommesse a brevissimo termine, la stabilità complessiva del sistema diminuisce. Basta un movimento improvviso o un cambio di sentiment per generare scosse violente, con possibili vendite forzate e ondate di volatilità non facilmente controllabili.
Debito, credito e fragilità del sistema
Alla sopravvalutazione delle azioni si somma un problema strutturale di debito globale. Tra settore pubblico e corporate i nuovi prestiti hanno raggiunto livelli record, mentre la qualità del credito mostra segnali di deterioramento. I settori più esposti risultano l’immobiliare commerciale, i prestiti auto e il credito alle piccole imprese, comparti che risentono in modo sensibile del rialzo dei tassi.
Le banche regionali statunitensi, già finite sotto pressione in più occasioni, detengono una parte rilevante di questi attivi rischiosi. Se la congiuntura peggiora, la possibilità di nuove tensioni bancarie non può essere esclusa e questo rappresenta un ulteriore fattore di vulnerabilità per i mercati finanziari.
Il pericolo dell’euforia irrazionale
Secondo Hanke il vero rischio non risiede solo nei numeri, ma nella convinzione diffusa che “questa volta sia diverso”. Quando gli investitori credono che gli indici possano salire senza sosta, tendono a sottovalutare i rischi e a esporsi in modo eccessivo su asset speculativi.
La storia delle bolle finanziarie mostra che i ribassi più profondi arrivano proprio quando la percezione del pericolo scompare. Il punto di svolta non coincide sempre con una notizia specifica, ma con un cambiamento improvviso nella fiducia degli operatori. Questo rende molto difficile prevedere il momento esatto della correzione, ma suggerisce l’esigenza di adottare strategie più prudenti.
Dipendenza dalla Cina e rischio sulle catene di fornitura
Un aspetto spesso trascurato nelle analisi superficiali riguarda la dipendenza strategica dalla Cina per quanto riguarda terre rare e materiali essenziali per la produzione tecnologica. Pechino controlla la maggioranza dell’estrazione mondiale, la quasi totalità della raffinazione e una quota dominante nella produzione di magneti avanzati utilizzati in microchip, veicoli elettrici, batterie e sistemi di difesa.
Questa concentrazione conferisce alla Cina un potere significativo sulle filiere occidentali.Un eventuale irrigidimento nelle esportazioni di questi materiali potrebbe provocare blocchi produttivi, ritardi nelle consegne e aumento dei costi, con impatti immediati sui margini delle imprese quotate e sui fondamentali di molti titoli azionari oggi molto amati dal mercato.
Un rischio che i mercati non hanno prezzato a sufficienza
Costruire catene alternative richiede anni e ingenti investimenti.Al momento diverse economie avanzate hanno avviato programmi per ridurre la dipendenza dalla Cina, ma la piena autonomia rimane lontana. Nell’insieme questo elemento concentra ulteriormente il rischio sistemico: le valutazioni elevate delle società tecnologiche si reggono su filiere produttive che non sono pienamente sotto il controllo dell’Occidente.
Per gli investitori che desiderano capire come investire in un contesto simile, diventa essenziale valutare non solo i bilanci delle aziende, ma anche la loro esposizione alle dinamiche geopolitiche e alle catene di fornitura.
Perché l’oro torna al centro della scena

Di fronte a questo quadro complesso, investire in oro sta tornando una scelta razionale per chi desidera proteggere il potere d’acquisto dei propri risparmi.L’oro non rappresenta una promessa di pagamento, non dipende dalla solidità di un emittente specifico e non può essere diluito da politiche monetarie espansive.
Storicamente il metallo prezioso ha svolto un ruolo di copertura nei periodi di inflazione elevata, tensioni geopolitiche e crisi dei mercati azionari. Non è un asset destinato a generare reddito come un’azione o un’obbligazione, ma funziona da contrappeso quando gli altri strumenti diventano più instabili.
Domanda in aumento e offerta limitata
Negli ultimi anni le banche centrali hanno aumentato in modo significativo le riserve auree, segnalando una chiara preferenza per asset reali rispetto ai soli titoli di Stato. Allo stesso tempo la produzione delle miniere cresce lentamente e le nuove scoperte sono sempre più rare.Questo squilibrio tra domanda e offerta crea un contesto favorevole a una prosecuzione del movimento rialzista nel medio periodo.
Alcuni modelli storici indicano che, nei cicli precedenti, le grandi fasi rialziste dell’oro si sono esaurite quando il valore complessivo del metallo detenuto dalle famiglie americane raggiungeva circa il dieci per cento del reddito disponibile. Applicando questo parametro ai dati attuali emergono scenari in cui un prezzo intorno ai 6.000 dollari l’oncia, pur ambizioso, non appare fuori scala rispetto alle condizioni macroeconomiche presenti.
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Come investire oggi: indicazioni operative per gli investitori
Chi investe con orizzonte di medio lungo periodo può trarre alcune indicazioni pratiche dalle analisi di Steve Hanke. La prima riguarda la gestione del rischio: in una potenziale bolla finanziaria può risultare sensato ridurre progressivamente l’esposizione ai titoli che presentano multipli estremamente elevati o dipendono fortemente dalla leva speculativa dei derivati.
Questo non significa liquidare ogni investimento azionario, ma selezionare con più rigore le società, privilegiando bilanci solidi, generazione di cassa stabile, dividendi sostenibili e valutazioni meno distanti dai fondamentali. Anche un aumento della diversificazione geografica e settoriale può contribuire a rendere il portafoglio più robusto.
Integrare strumenti difensivi e oro in ottica di copertura
Accanto alle azioni, una quota di obbligazioni di qualità e strumenti a tasso fisso può aiutare a stabilizzare la volatilità complessiva, soprattutto se i rendimenti reali tornano interessanti. Per chi cerca protezione da scenari inflattivi e crisi dei mercati, una componente dedicata all’oro, tramite oro fisico o veicoli finanziari specializzati, rappresenta una soluzione coerente.
Una strategia bilanciata potrebbe prevedere l’inserimento graduale dell’oro, evitando di concentrare l’ingresso in un unico momento e privilegiando un approccio per step. La percentuale da destinare al metallo prezioso dipende dal profilo di rischio dell’investitore, dagli obiettivi temporali e dal resto del portafoglio, ma, in un contesto di forte incertezza, un’esposizione moderata e ragionata può migliorare la resilienza complessiva.
In chiusura: prepararsi invece di inseguire la prossima moda di mercato
Il messaggio che emerge dalle considerazioni di Steve Hanke è chiaro. La combinazione tra valutazioni esasperate, debito elevato, speculazione sui derivati e dipendenza da filiere geopoliticamente sensibili rende plausibile l’ipotesi di una futura crisi dei mercati. Nessuno può prevedere con precisione quando arriverà il prossimo ribasso importante, ma ignorare del tutto questi segnali significa assumersi un rischio non necessario.
Per gli investitori italiani la scelta non è tra panico e immobilismo, bensì tra un approccio impulsivo e una gestione consapevole del patrimonio. Costruire un portafoglio più equilibrato, valutare con lucidità come investire in funzione dei possibili scenari e dedicare spazio a strumenti di protezione come l’oro può fare la differenza tra subire gli eventi o affrontarli con maggiore serenità.
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