L’inflazione è una sfida per le banche centrali e gli investitori, poiché la decarbonizzazione e i cambiamenti nel rapporto con il lavoro stanno indebolendo l’offerta e favoriscono l’aumento dei prezzi. Inoltre, è improbabile che l’inflazione si fermi a circa il 2,5%. Questo rappresenta un’opportunità per gli investitori attivi.
Ritorno dell’inflazione e ciclo economico
Negli Stati Uniti, il calo dell’inflazione dallo scorso giugno ha determinato una forte ripresa del mercato azionario negli ultimi mesi. Tuttavia, le aspettative di inflazione, deducibili dal prezzo delle obbligazioni indicizzate all’inflazione, indicano un ritorno a circa il 2,5% a partire dal prossimo mese di giugno e una successiva stabilizzazione nel corso degli anni seguenti. Non prevediamo uno scenario di questo tipo.
Limitazione dell’offerta di beni e servizi
L’inflazione è alimentata da due fattori principali: la decarbonizzazione delle economie e il cambiamento del rapporto con il lavoro, che possono limitare l’offerta di beni e servizi.
Decarbonizzazione delle economie
La transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio comporta un calo degli investimenti nei combustibili fossili, che determina una flessione strutturale delle riserve e un aumento dei prezzi dell’energia. Nonostante siano stati investiti diversi migliaia di miliardi di dollari in favore della transizione energetica negli ultimi dieci anni, la quota di combustibili fossili nei consumi di energia a livello globale è diminuita soltanto di poco più di 1 punto, attestandosi all’81%. Questo scenario potrebbe generare una crisi energetica della stessa portata di quella che ha alimentato l’ultima grande fase inflazionistica dal 1965 al 1980, causata dallo shock petrolifero del 1973.
L’OPEC (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) ritiene che sia necessario investire annualmente fino al 2045 circa 1.500 miliardi di dollari nello sviluppo dei combustibili fossili, rispetto ai 1.000 miliardi attuali, per garantire la sicurezza energetica. Sebbene la verità sia probabilmente a metà strada tra questi due dati, il deficit energetico strutturale che si sta aggravando rappresenta un tema di grande importanza.
Cambiamento del rapporto con il lavoro
Il cambiamento del rapporto con il lavoro è un altro fattore che può limitare l’offerta di beni e servizi, favorendo l’aumento dei prezzi. La pandemia di COVID-19 ha accelerato la digitalizzazione dell’economia e l’automazione dei processi produttivi, determinando una riduzione dell’occupazione in alcuni settori e una maggiore domanda di manodopera specializzata in altri. Questo ha portato a una scarsità di alcune competenze e ad un aumento dei salari in alcuni settori, aumentando così i costi di produzione e i prezzi dei beni e dei servizi.
Per dirla in modo semplice, la decarbonizzazione delle economie e il cambiamento del rapporto con il lavoro rappresentano fattori che possono limitare l’offerta di beni e servizi e favorire l’aumento dei prezzi. Gli investitori dovrebbero considerare queste dinamiche nel loro approccio agli investimenti e puntare su tematiche che ne traggono beneficio.
La mancanza di offerta sostenibile e l’aumento dei salari
Il profondo cambiamento del rapporto con il lavoro, che determina il calo delle ore lavorate, la diminuzione del numero di lavoratori e la mobilità molto elevata della manodopera, rischia di portare a una mancanza di offerta sostenibile. Le imprese non riescono più ad assumere per far fronte a condizioni soddisfacenti alla domanda a cui vengono sottoposte. Ciò sta causando un aumento dei salari, come dimostrato dagli aumenti salariali compresi tra il 20% e il 40% effettuati da Inditex (proprietaria di Zara) e Uniqlo.
Il rallentamento legato a un’offerta insufficiente è un fattore inflazionistico, che rende più complessa la gestione delle contromisure monetarie da parte delle Banche Centrali. Pertanto, la serie di rialzi dei tassi di riferimento decisa dalla Federal Reserve, di portata e rapidità senza precedenti (475 punti base in 10 mesi), si combina paradossalmente con un tasso di disoccupazione negli Stati Uniti ai minimi dal 1969.
La battaglia contro l’inflazione sarà presumibilmente vinta nel breve periodo attraverso un aumento dei tassi di interesse, che potrebbe innesquare una recessione necessaria a indurre un calo dei prezzi, indebolendo i consumi ma senza risolvere il problema legato al deficit dell’offerta. Le recessioni orchestrate dalle politiche economiche e monetarie per ridurre l’inflazione saranno quindi brevi e poco incisive; insufficienti per sconfiggere l’inflazione in modo duraturo.
Sfruttare le opportunità offerte dall’inflazione
Nonostante i rischi associati all’aumento dell’inflazione, ci sono numerose opportunità per gli investitori. La capacità della gestione obbligazionaria di trarre vantaggio dai rendimenti delle obbligazioni pubbliche e corporate in un contesto di tassi di interesse più alti, nell’individuare le situazioni asimmetriche nell’universo emergente o nel gestire l’esposizione ai tassi di interesse rappresenta un importante punto di forza in questo contesto economico.
La previsione di indebolimento dei tassi reali dovrebbe sostenere i mercati azionari. Questa prospettiva giustifica anche un’esposizione significativa all’oro. Inoltre, la Cina, essendo al momento priva di inflazione, offre un’opportunità di forte diversificazione.
Introducendo una strategia inflazionistica nella gestione degli investimenti, gli investitori possono sfruttare al meglio le numerose opportunità che il ciclo economico offrirà, fornendo al tempo stesso possibilità di diversificazione. Pertanto, non è necessario temere l’inflazione, ma piuttosto renderla un’alleata per raggiungere gli obiettivi di investimento.
Commento a cura di Frederic Leroux, Head of Cross Assets e membro del Comitato di investimento strategico di Carmignac