
Gli investimenti nell’intelligenza artificiale hanno raggiunto livelli mai visti. Solo dal 2019 al 2024, secondo lo Stanford AI Index, i capitali aziendali destinati al settore sono saliti da 103 miliardi di dollari a 252 miliardi, più del doppio in cinque anni.
Un ritmo impressionante, ma ancora lontano dal frenetico afflusso di capitali che portò alla bolla dot-com, quando i fondi di venture capital passarono da 3 miliardi di dollari nel 1995 a 105 miliardi nel 2000, una crescita di 35 volte.
La differenza chiave è che l’AI ha avuto una spinta massiccia a partire dal 2022 con l’arrivo di ChatGPT, mentre Internet ebbe un ciclo di adozione più graduale. Tuttavia, la dinamica resta simile: un settore emergente che attira capitali enormi e gonfia le valutazioni.
Valutazioni: tra storia e presente
Durante la bolla Internet, il NASDAQ raggiunse multipli estremi, con un P/E medio di 70 contro la media storica di 20. Oggi lo stesso indice quota circa 35 volte gli utili: meno euforico rispetto agli anni 2000, ma pur sempre superiore alla media.
Casi specifici destano attenzione:
- Nvidia, la regina delle GPU e dell’AI, tratta a circa 50 volte gli utili.
- Molte startup AI vengono valutate 20-30 volte i ricavi, spesso senza generare profitti.
Il parallelo con la dot-com emerge: aspettative altissime e una corsa a chi trova il “nuovo vincitore”.
La concentrazione estrema nel mercato
Durante la bolla del 2000, il settore tecnologico pesava per il 33% dell’S&P 500. Oggi, il fenomeno è ancora più marcato: solo le Magnificent 7 (Apple, Microsoft, Nvidia, Amazon, Alphabet, Meta e Tesla) rappresentano da sole circa 34% della capitalizzazione dell’S&P 500.
Un livello di concentrazione che può amplificare qualsiasi correzione.
Cosa fa scoppiare una bolla?
La storia insegna che servono tre ingredienti:
- Valutazioni troppo elevate.
- Speculazione e avidità.
- Tassi d’interesse in rialzo, che drenano liquidità.
Negli anni ’90, la Federal Reserve alzò i tassi in modo aggressivo, raffreddando i capitali diretti alle dot-com. Quando i flussi si ridussero, le aziende senza utili crollarono, e il NASDAQ perse il 78% dal picco al minimo.
Oggi la situazione è diversa: nel 2025 la Fed ha tagliato i tassi e ha lasciato intendere ulteriori riduzioni. Tassi più bassi non rafforzano i fondamentali delle aziende, ma aumentano i flussi di capitale nei settori più speculativi, rendendo la bolla potenzialmente più ampia prima di un’eventuale esplosione.
Il ciclo del “POOP”: come trasformare i crolli in opportunità
Ogni crisi di mercato segue una sequenza ricorrente:
Panic → Overselling → Opportunity → Profits.
Chi sa riconoscerla riesce a trasformare il caos in guadagno.
Esempi storici:
- 2000: Amazon perse oltre il 90% del suo valore, ma chi comprò allora ha visto un ritorno straordinario.
- 2008: il mercato immobiliare crollò e gli immobili si vendevano a prezzi stracciati; per gli investitori fu l’inizio di una nuova fase di accumulo.
- 2020: il panico da pandemia fece crollare S&P 500 e Bitcoin, offrendo occasioni irripetibili a chi mantenne sangue freddo.
- 2022: con i rialzi della Fed, le borse corressero bruscamente, aprendo a chi aveva liquidità nuove opportunità d’acquisto.
La lezione è chiara: non si tratta di prevedere quando arriverà il crollo, ma di prepararsi in anticipo con una strategia e riserve di liquidità.
Opportunità e rischi nell’AI oggi
L’AI non è una moda passeggera come pensavano molti di Internet nel 2000. È un settore con applicazioni concrete in sanità, finanza, industria e difesa. Le aziende leader hanno modelli di business solidi e utili crescenti, ma il rischio di sopravvalutazione rimane.
Gli investitori preparati possono affrontare due scenari:
- Scenario rialzista: i tassi bassi sostengono la bolla, gonfiando ulteriormente i prezzi.
- Scenario ribassista: un cambiamento macro (stretta monetaria o shock economico) porta a correzioni profonde, ma anche a occasioni di ingresso.
Il punto non è temere la bolla, ma saperla cavalcare, distinguendo tra aziende destinate a durare e realtà speculative.
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