3 Dicembre, 2025
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    Mercato Azionario9 Azioni da Comprare Ora Prima del Prossimo Crash di Mercato

    9 Azioni da Comprare Ora Prima del Prossimo Crash di Mercato

    9 Azioni da Comprare Ora Prima del Prossimo Crash di Mercato

    Quando i listini oscillano violentemente e si moltiplicano i titoli che parlano di “crash imminente”, molti investitori reagiscono nel modo peggiore: liquidano tutto oppure inseguono il titolo del momento senza una strategia. Chi costruisce davvero patrimonio nel tempo, invece, fa una cosa diversa: seleziona aziende con prodotti forti, inserite nei trend strutturali giusti, e le tiene in portafoglio con un orizzonte di lungo periodo.

    In questa guida vediamo 9 idee di investimento che ruotano intorno ai grandi temi che stanno ridisegnando i mercati: intelligenza artificiale, fintech globale, robotica, cloud, quantum computing e diversificazione tramite ETF. L’obiettivo non è trovare la “scommessa del mese”, ma capire quali business possono reggere anche a una correzione profonda e potenzialmente uscirne più forti.

    Parleremo di aziende come Cloudflare, Nubank, SoFi, Alphabet (Google), Symbotic, Teradyne, IBM, oltre a due ETF chiave per gestire il rischio di concentrazione negli indici USA. Il tutto con un taglio pratico, pensato sia per chi investe da anni sia per chi sta costruendo il primo portafoglio consapevole.

    Perché puntare sui grandi trend tecnologici prima di un crash

    Quando un mercato entra in fase di panico, le quotazioni si comprimono, ma i trend strutturali non spariscono. L’adozione del cloud, l’AI generativa, la digitalizzazione dei pagamenti, l’automazione dei magazzini, la robotica industriale e il quantum computing non dipendono da un singolo trimestre debole.

    Chi entra su aziende solide, con crescita reale di fatturato, margini in espansione e prodotti difficili da rimpiazzare, rischia la volatilità nel breve periodo, ma può beneficiare in modo importante quando il ciclo si normalizza.

    Le nove idee che seguono mettono al centro questo concetto: prodotti e posizione competitiva, non solo multipli e grafici.

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    Cloudflare: l’autostrada di internet al servizio dell’AI

    Cloudflare (NET) è una delle aziende che più rappresentano la nuova infrastruttura di internet. Nata come rete di distribuzione di contenuti (CDN) e protezione DDoS, nel tempo è diventata una piattaforma globale che accelera e protegge siti web, API, applicazioni e servizi cloud.

    Il suo valore chiave sta nella rete distribuita di data center vicinissimi all’utente finale, capace di:

    • ridurre la latenza delle applicazioni;
    • filtrare traffico malevolo;
    • migliorare performance e sicurezza in modo trasparente per gli sviluppatori.

    Per questo motivo, molte aziende che lavorano sull’AI si appoggiano a Cloudflare per distribuire servizi in modo sicuro e veloce in tutto il mondo.

    Il crollo post–outage come possibile occasione

    Un recente outage rilevante ha provocato il blocco di una parte significativa di internet per alcune ore e il mercato ha reagito in modo brutale: correzione iniziale intorno al 10%, perdita complessiva di oltre un quarto della capitalizzazione in poche settimane.

    Situazioni simili si sono già viste: un caso noto è stato CrowdStrike, penalizzata duramente dopo un update difettoso che aveva mandato in tilt molti sistemi Windows, salvo poi recuperare ampiamente nei mesi successivi. Cloudflare potrebbe seguire una traiettoria analoga, se saprà:

    • dimostrare ai clienti di aver imparato dall’errore;
    • continuare a crescere a doppia cifra nei ricavi;
    • rafforzare l’affidabilità percepita del proprio stack tecnologico.

    Con ricavi in crescita intorno al 30% anno su anno e un business vicino ai 2 miliardi di dollari annui, la società ha già dimostrato di saper scalare in modo significativo.

    Rischi: valutazione elevata e reputazione

    La valutazione di Cloudflare è ancora molto esigente rispetto al mercato. Quando un titolo cresce rapidamente, gli investitori pagano volentieri multipli generosi, ma questo presuppone che la crescita rimanga sostenuta. Se il ritmo rallenta, il prezzo può normalizzarsi anche con un business in buona salute.

    A questo si somma un rischio meno percepito ma cruciale: la reputazione. Cloudflare non vuole essere vista solo come “acceleratore di internet”, bensì come piattaforma di sicurezza, infrastruttura e software integrati. Per un’azienda che ambisce a giocare nella cybersecurity, un errore percepito come “mancanza di controllo” può pesare più di un semplice blackout tecnico.

    Per chi investe, Cloudflare rappresenta un titolo ad alto potenziale, ma con volatilità elevata e una forte dipendenza dalla capacità di mantenere fiducia e crescita nei prossimi anni.

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    Nubank: la super app fintech che domina l’America Latina

    Nubank è uno dei casi più interessanti nel panorama fintech globale. Con sede in Brasile, ha costruito una super app che combina:

    • conto corrente digitale;
    • carte e prestiti personali;
    • pagamenti, servizi telefonici, shopping e altre funzioni integrate.

    La vera forza di Nubank sta nel mercato in cui opera: l’America Latina è oggi una delle aree a più alta crescita fintech al mondo, con un vasto numero di persone ancora poco servite dal sistema bancario tradizionale.

    Risultato: oltre 100 milioni di clienti attivi, con una penetrazione elevatissima in Brasile e una presenza in espansione in Messico e Colombia.

    Crescita, efficienza operativa e valutazione

    La domanda chiave per un investitore è: Nubank potrà crescere ancora a lungo, o il meglio è già alle spalle?

    Dai dati operativi emerge un quadro interessante:

    • i ricavi crescono velocemente, con tassi prossimi al 40% anno su anno;
    • le spese operative aumentano meno rapidamente dei ricavi, migliorando l’efficienza;
    • l’azienda, pur con una valutazione ritenuta “sopra il fair value” da diversi modelli (circa +16% rispetto alle stime interne di alcuni analisti), beneficia di una “prize” di crescita: gli investitori sono disposti a pagare di più per il potenziale futuro.

    Il punto critico sarà la velocità di rallentamento della crescita: è fisiologico che, salendo di scala, il tasso percentuale si riduca. Se però il rallentamento sarà troppo rapido, la valutazione potrebbe risultare eccessiva.

    Il rischio cambio per chi investe in dollari o euro

    Quasi tutti i ricavi di Nubank arrivano in reais brasiliani e pesos messicani, mentre molti investitori la comprano in dollari o in altre valute forti. Questo significa che:

    • l’andamento dei cambi può amplificare o ridurre gli utili convertiti;
    • un indebolimento delle valute locali rispetto al dollaro può pesare sul risultato apparente dell’azienda, anche a parità di business operativo.

    Chi mette in portafoglio Nubank scommette quindi su una crescita strutturale della fintech latinoamericana, accettando al tempo stesso il rischio valutario come parte integrante dell’investimento.

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    SoFi: l’ecosistema “alla Apple” che vuole riscrivere il banking USA

    SoFi Technologies (SOFI) è uno dei titoli fintech più discussi negli ultimi anni. Il modello di business si può riassumere in tre pilastri:

    1. Financial Services: conto, carta, app di investimento, prodotti di risparmio.
    2. Lending: prestiti personali, mutui, rifinanziamento del debito studentesco.
    3. Tecnologia (SoFi Platform): infrastruttura bancaria “as a service” utilizzata anche da terze parti, tra cui operatori concorrenti come Robinhood.

    La strategia dichiarata è chiara: portare il cliente dentro l’ecosistema con prodotti entry-level (conto, app di trading) e poi spingerlo progressivamente verso servizi a maggior valore aggiunto, come prestiti e soluzioni di investimento.

    La mossa sui prestiti personali che ha cambiato il destino dell’azienda

    Durante lo stop federale sui prestiti studenteschi negli USA, il core business di SoFi ha subito un colpo durissimo. Studenti e laureati avevano meno incentivi a rifinanziare il debito e l’azienda rischiava seriamente una brusca frenata.

    In quel momento, la dirigenza – guidata da Anthony Noto – ha aperto un nuovo fronte: prestiti personali. Questo segmento, nato quasi “di emergenza”, è diventato nel giro di pochi anni la principale fonte di origination, con volumi vicini ai 20 miliardi di dollari annuali, superiori a quelli di mutui e student loan combinati.

    È un esempio concreto di innovazione strategica, non solo tecnologica: capacità di cambiare rotta quando il contesto macro si ribalta.

    Brand, crescita utenti e margini

    Essere una banca “nuova” negli USA significa combattere contro un problema enorme: la fiducia. Tra un colosso come JPMorgan e un player digitale di recente nascita, molti risparmiatori scelgono la strada più conservativa, a prescindere dal prodotto.

    Per questo SoFi ha investito moltissimo su:

    • branding massiccio (SoFi Stadium a Los Angeles, campagne marketing continue);
    • programmi interni per spingere i clienti ad usare più prodotti;
    • miglioramento della percezione di stabilità e affidabilità.

    I numeri mostrano che la strategia ha funzionato:

    • oltre 10 milioni di membri, partendo da circa 1 milione nel 2020;
    • crescita dei membri intorno al 35% anno su anno;
    • prodotti per cliente in aumento e margini EBITDA in miglioramento.

    Un indicatore spesso usato nei titoli growth è la Rule of 40: somma di crescita dei ricavi e margine operativo. Valori sopra il 40% indicano un buon equilibrio tra crescita e redditività. L’ultimo dato di SoFi si aggira attorno a 67, segnale di una combinazione interessante tra scale-up e progressiva disciplina finanziaria.

    Valutazione, volatilità estrema e psicologia dell’investitore

    Il rovescio della medaglia è duplice:

    • valutazione ancora elevata rispetto agli utili effettivi;
    • volatilità molto alta: movimenti del -20% o +10/12% in poche settimane non sono rari.

    SoFi è un titolo da valutare solo se si ha tolleranza a oscillazioni pesanti e un orizzonte temporale minimo di diversi anni. Per molti investitori può avere senso come posizione satellite del portafoglio, con un peso limitato rispetto alle componenti più stabili.

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    Alphabet (Google): valore “da Buffett” in un gigante dell’AI

    Alphabet (GOOGL) non è solo uno dei pilastri dell’AI moderna, ma è anche una delle poche big tech che oggi appaiono ragionevolmente prezzate rispetto al proprio potenziale.

    Alcuni punti chiave:

    • capitalizzazione nell’ordine di migliaia di miliardi di dollari;
    • icavi trimestrali oltre i 100 miliardi, in crescita di circa 16% anno su anno;
    • margini elevati e una struttura finanziaria solidissima.

    Nonostante questa scala, il P/E di circa 30–31 la colloca su livelli vicini alla media dell’S&P 500. Significa che il mercato sta pagando Google come un’azienda “media”, quando in realtà si tratta di uno dei business più redditizi e dominanti del pianeta.

    I motori di ricavo: Search, YouTube, Cloud e piattaforme

    I ricavi di Alphabet arrivano da più fronti:

    • Google Search: il cuore del business, oltre 50 miliardi di dollari a trimestre;
    • YouTube: piattaforma video dominante, con ricavi pubblicitari a doppia cifra;
    • Google Network: rete pubblicitaria estesa su siti terzi;
    • Abbonamenti, device e servizi vari;
    • Google Cloud: la vera “seconda gamba” strategica per il futuro.

    La crescita di Google Cloud è cruciale: il segmento vale ormai decine di miliardi annui e beneficia di una domanda esplosiva di infrastruttura AI. La capacità di offrire modelli proprietari come Gemini, strumenti video generativi e servizi gestiti crea un ecosistema che lega sviluppatori e grandi aziende alla piattaforma.

    Google possiede poco più del 10% del mercato cloud globale, dietro AWS e Microsoft Azure, ma il settore cresce a ritmi vicini al 30% annuo. Anche mantenendo la stessa quota di mercato, il business potrebbe espandersi significativamente.

    Perché molti investitori vedono Alphabet come “value tech”

    Se si incrociano:

    • multipli in linea con l’indice;
    • crescita superiore alla media;
    • posizione dominante in AI e pubblicità digitale;
    • potenziale di espansione nel cloud,

    si capisce perché investitori di lungo periodo, anche con approccio value, guardino con interesse ad Alphabet. È uno dei rari casi in cui un colosso tech può essere considerato un “value relativo” rispetto ad altre big cap molto più care.

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    Symbotic: automazione dei magazzini e scommessa ad alta crescita sulla “AI fisica”

    Symbotic (SYM) è un’azienda specializzata in automazione dei magazzini tramite robotica e intelligenza artificiale. Il focus è molto concreto:

    • scarico dei pallet;
    • movimentazione e stoccaggio dei prodotti;
    • creazione di pallet in uscita ottimizzati per stabilità e spazio.

    La tecnologia sfrutta computer vision avanzata e algoritmi di ottimizzazione, spesso appoggiandosi a piattaforme AI come quelle di Nvidia, per coordinare flotte di robot in tempo reale.

    Pur essendo ancora una realtà relativamente giovane rispetto ai big del settore industriale, fattura già oltre 1 miliardo di dollari e cresce rapidamente.

    Il contratto con Walmart e un backlog che cambia la partita

    Uno dei catalizzatori più potenti nella storia recente di Symbotic è l’accordo con Walmart, il più grande retailer del mondo. Il gruppo ha deciso di abbandonare una parte dei propri progetti interni di robotica e affidarsi a Symbotic per realizzare una piattaforma di automazione basata su AI per i propri centri di distribuzione.

    Le implicazioni sono doppie:

    • ricavi futuri per diversi miliardi di dollari grazie al contratto;
    • credibilità enorme verso altri potenziali clienti globali.

    Il backlog complessivo si aggira nell’ordine delle decine di miliardi, dando all’azienda una visibilità di lungo periodo superiore alla media delle small/mid cap tech.

    Rischi: execution e concorrenza feroce

    Non tutto è rose e fiori. I rischi principali sono due:

    1. Execution: trasformare un contratto gigantesco in sistemi funzionanti, scalabili e affidabili è tutt’altro che banale. Ritardi, problemi tecnici o costi fuori controllo possono erodere i margini.
    2. Concorrenza: nel campo della logistica automatizzata si muovono attori come Amazon (con soluzioni interne), Boston Dynamics, e grandi gruppi industriali consolidati. La barriera tecnologica da sola non basta: servirà capacità commerciale, capacità di supporto globale e un track record impeccabile.

    Symbotic è una tipica scommessa ad alto potenziale, alto rischio. Può avere senso come piccola posizione satellite, accanto a titoli più stabili, per chi crede nell’esplosione della robotica nei prossimi 10–15 anni.

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    Teradyne: flusso di cassa dai semiconduttori e opzione sulla robotica collaborativa

    Teradyne (TER) è conosciuta da anni per il suo ruolo nei sistemi di test per semiconduttori, memorie e dispositivi elettronici. In un mondo in cui ogni chip deve essere testato prima di essere integrato in server, smartphone, auto e data center AI, il business di Teradyne è destinato a rimanere rilevante e generatore di cassa.

    Questo segmento rappresenta ancora oggi la parte dominante del fatturato e conferisce all’azienda una natura relativamente più difensiva rispetto a molte pure play AI.

    Universal Robots: i cobot che lavorano a fianco degli esseri umani

    La parte più interessante, dal punto di vista della crescita futura, è la divisione robotica, con Universal Robots come protagonista. I loro cobot (collaborative robots) sono bracci meccanici progettati per:

    • condividere lo spazio di lavoro con operatori umani;
    • automatizzare compiti ripetitivi in piccole e medie aziende;
    • ridurre la necessità di soluzioni totalmente custom, tipiche delle grandi linee di produzione.

    Al momento la robotica è una quota ancora limitata del fatturato, con vendite piuttosto piatte negli ultimi periodi a causa della debolezza degli investimenti in automazione industriale. Tuttavia, Teradyne ha ampia capacità finanziaria per continuare a investire nel settore e farsi trovare pronta quando il ciclo tornerà a favore.

    La collaborazione con Amazon e il potenziale di lungo periodo

    Un segnale importante della qualità tecnologica di Universal Robots è la collaborazione con Amazon per il robot “Vulcan”, progettato per avere una “sensibilità al tatto” e trattare i prodotti con delicatezza grazie a un sofisticato feedback tattile.

    Qui la storia per l’investitore è a due lati:

    • da un lato, un business di test semiconduttori che genera cash flow e segue il ciclo dell’AI;
    • dall’altro, una call option sulla crescita della robotica collaborativa, spinta da partnership di alto profilo.

    Il rischio è che il segmento robotica tardi a decollare più del previsto, lasciando Teradyne in una sorta di “limbo” in cui la crescita complessiva rimane modesta rispetto alla valutazione. Per questo molti preferiscono monitorare l’evoluzione dei numeri della divisione robotica prima di prendere decisioni di lungo termine.

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    IBM: dal mainframe al quantum computing

    IBM è un nome storico dell’informatica che da anni lavora in modo costante sul quantum computing. A differenza dell’AI generativa, ancora “visibile” soprattutto come software, il quantum è un’architettura completamente diversa di calcolo, pensata per problemi specifici:

    • simulazioni chimiche avanzate;
    • ottimizzazione complessa;
    • crittografia e sicurezza.

    IBM ha presentato processori come Nighthawk, con maggiore connettività e capacità di gestire algoritmi più sofisticati. Siamo ancora in una fase di transizione tra ricerca e prime applicazioni commerciali, ma il fatto che IBM possa integrare il quantum all’interno di un’offerta che comprende cloud, servizi e consulenza la rende uno dei pochi player in grado di monetizzare su larga scala quando il settore maturerà.

    Ruolo in portafoglio: crescita moderata con “opzione” tecnologica

    Il titolo IBM ha vissuto un recupero significativo, con apprezzamenti nell’ordine del 30% in un anno, e un profilo diverso rispetto ad altre big tech:

    • business tradizionale di servizi e software aziendale;
    • dividendi regolari;
    • esposizione ai temi di AI enterprise e quantum.

    Per molti investitori può rappresentare una posizione ibrida: non esplosiva come una small cap growth, ma con un sottostante difensivo e una componente di innovazione che potrebbe sorprendere nei prossimi anni.

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    ETF small cap e internazionali: come ridurre il rischio dei “Magnifici 7”

    L’S&P 500 non è più un indice “equamente diversificato”: i Magnifici 7 (grandi titoli tech legati anche all’AI) rappresentano ormai oltre un terzo del peso complessivo. Chi compra un ETF sull’indice pensa di investire in 500 aziende, ma in realtà è fortemente esposto a poche mega-cap.

    Se il segmento AI dovesse entrare in una fase di correzione seria, gran parte dell’indice ne risentirebbe. Da qui l’esigenza di affiancare all’S&P 500 strumenti che riducano la concentrazione.

    VBK: Vanguard Small Cap Growth e lo “sconto” sulle piccole capitalizzazioni

    L’ETF VBK (Vanguard Small Cap Growth ETF) investe in small cap growth USA, tipicamente aziende sotto i 2 miliardi di capitalizzazione. Storicamente, le small cap hanno trattato con uno sconto intorno all’8% rispetto alle large cap a parità di utili, per compensare la maggiore volatilità.

    Oggi questo sconto si è ampliato fino a circa il 36%. In pratica, per lo stesso livello di utili, il mercato è disposto a pagare molto di più una grande azienda rispetto a una piccola. Questo crea un differenziale di valutazione interessante per chi ha orizzonte lungo e tollera oscillazioni più ampie.

    Affiancare VBK a un classico ETF sull’S&P 500 permette di:

    • ridurre la dipendenza dai Magnifici 7;
    • esporsi a una fascia di mercato che oggi tratta a valutazioni più “depresse”.

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    VXUS: la diversificazione geografica oltre i confini USA

    Un altro rischio poco considerato è l’home bias: il portafoglio troppo concentrato su un solo Paese, spesso gli Stati Uniti. L’ETF VXUS (Vanguard Total International Stock) raccoglie azioni di tutto il mondo esclusi gli USA, con esposizione a:

    • Europa;
    • mercati sviluppati non USA;
    • economie emergenti come Asia e America Latina.

    Strumenti di questo tipo consentono di partecipare alla crescita di aree che potrebbero sovraperformare gli Stati Uniti in determinati cicli e, al tempo stesso, ridurre il rischio legato a singole politiche fiscali o monetarie.

    Molti investitori di lungo periodo costruiscono una struttura “core” composta da S&P 500 + small cap + ETF globale ex-USA, per poi aggiungere attorno i singoli titoli tematici come quelli visti in questo articolo.

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    Come integrare queste 9 idee in una strategia coerente

    Guardare questi titoli uno per uno è utile, ma la vera domanda per un investitore è: come costruire un portafoglio che abbia senso, soprattutto se temiamo un crash?

    Una logica possibile:

    • usare ETF ampi (S&P 500, small cap, internazionale) come ossatura principale del portafoglio;
    • inserire titoli come Alphabet e IBM come posizioni core a lungo termine nel comparto tecnologico;
    • trattare nomi più volatili, come Cloudflare, Nubank, SoFi, Symbotic, Teradyne, come satellite a peso contenuto, puntando su accumulo progressivo e orizzonte pluriennale.

    La differenza la fa la disciplina: definire in anticipo quanto si è disposti a sopportare in termini di volatilità, quanto capitale destinare alle singole idee e, soprattutto, continuare a investire anche quando i mercati scendono, invece di farsi guidare dalle emozioni del momento.

    Un eventuale crash, per chi è preparato, può trasformarsi da minaccia a opportunità per comprare ottimi business a prezzi migliori. Le aziende che abbiamo visto sono esempi di realtà che operano al centro dei grandi trend del prossimo decennio: se il loro vantaggio competitivo reggerà, le valutazioni di breve periodo saranno solo rumore sulla strada di una crescita di lungo termine.

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    Amministratore e CEO del portale www.doveinvestire.com, Simone Mordenti è anche analista finanziario, trader con oltre 25 anni di esperienza. Classe 1974, si avvicina al mondo del trading, ed in particolare agli investimenti su indici di borsa e azioni, grazie all’affiancamento di esperti del settore. Una forte passione per le scienze statistiche e l’analisi tecnica sui mercati finanziari, da diversi anni si occupa di giornalismo finanziario in diversi portali del settore, in veste di analista tecnico e trading advisor.
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