La settimana riparte con la reazione improvvisa e interessante del dollaro neozelandese, che dopo aver chiuso la sessione precedente in area 0.6840, guadagna l’uno per cento circa dopo che il Governatore ad interim della Rbnz Spencer, ha annunciato il nome del nuovo governatore, Adrian Orr. Orr è attualmente il Chief executive del Nzsf, ovvero il Superannuation Fund ed è stato in passato, uno dei governatori della Rbnz. E’ stato anche a capo del Tesoro in Nuova Zelanda, e membro dell’Ocse, e della Westpac Banking Corporation. Questa sua profonda esperienza nei mercati, è probabilmente la principale ragione di questa salita della divisa neozelandese, che è arrivata sulle prime resistenze chiave, poste tra 0.6910 e 0.6930.
Ma tornando a quanto successo venerdì e la settimana scorsa, non possiamo dimenticare che il dato sui payrolls, uscito migliore delle attese e sopra le 200 mila unità, non ha scalfito i trading range presenti sul mercato, alimentando in parte solo la ripresa del UsdJpy, mentre l’EURUSD è rimasto nel suo trading range, non essendo in grado di violare i supporti chiave in area 1.1710 30 area e incapace anche di rompere, almeno per ora 1.1800 10.
Probabilmente stiamo entrando in una delle settimane più significative dell’anno, che ci porteranno mercoledì alla decisione sui tassi Usa, in probabile rialzo all’1.25%/1.50% (nella fascia 1.25-1.50), ma che evidenzierà anche tutta un’altra serie di dati importanti, a partire dall’inflazione inglese, e quella stessa americana, passando per lo Zew tedesco e importanti dati in Australia sull’occupazione.
Giovedì sarà anche giornata della Bank of England, che probabilmente lascerà invariati i tassi allo 0.50%, mentre la BCE e Draghi saranno all’opera Giovedì, sempre sui tassi, ma soprattutto sul Qe, messo in discussione ripetutamente dai falchi della Bce e per ora, negato da Draghi e dalla maggioranza del board. E non dimentichiamoci il dato sulle advanced retail sales Usa, sempre giovedì, probabilmente il dato più significativo dopo i payrolls e quello che di solito crea una certa volatilità sui mercati. Infine un occhio anche a Poloz e alla Bank of Canada, che a sì lasciato invariati i tassi ma che è sempre pronto a rilasciare dichiarazioni sulla politica monetaria.
E’ la settimana, questa, che ci porterà poi alle festività e probabilmente, dopo i dati e le notizie che abbiamo ricordato, il mercato lentamente si spegnerà, almeno fino all’inizio del nuovo anno.
Cosa dire di quanto sta accadendo alle principali price action sul mercato?
La prima cosa da evidenziare è la caduta persistente delle correlazione e questo, ogni fine anno, è un tema che si ripete, anche se per questo 2017, il periodo in cui tale decorrelazione si è manifestata, è stato ben più lungo e duraturo. Basti pensare, per esempio a quella tra indici americani e UsdJpy, che ha rasentato una correlazione quasi inversa e prossima al -1, con gli indici Usa a far registrare sempre nuovi massimi e una salita di circa il 25% anche nell’anno in corso e il USDJPY che il 3 gennaio di quest’anno quotava 118.60 mentre oggi è a 113.50 ed è passato anche per 107.40. Il che significa che è andato decisamente controtendenza all’equity Usa, in una sorta di decorrelazione che ha sorpreso. Ma anche la stessa correlazione tra EurUsd e GbpUsa, storicamente alta, si è rivelata ancora una volta scostante, anche se nel caso in oggetto, le ragioni sono ovviamente legato alle dichiarazioni e voci che si sono accavallate sulla Brexit e la questione spinosa dell’accordo tra Ue e Uk che sembra aver finalmente trovato un lieto fine e sembra incanalata verso un accordo di libero scambio che sarà interessante e utile per tutti. Ma l’EURGBP si è rivelato uno dei cambi più volatili del 2017, con una oscillazione del 12% circa tra i minimi in area 0.8300 e i massimi, oltre 0.9300.
E’ stato un anno particolarmente tranquillo per le valute, al di là di tutto, ad eccezione forse proprio dell’Euro che è stato il vero market mover dell’anno, con una salita contro le principali valute, dollaro in testa, di un certo peso. A inizio 2017 infatti la moneta unica quotava intorno a 1.0328 e fece registrare il minimo proprio il 3 gennaio mentre il massimo è stato visto il 10 settembre a 1.2090, una salita di quasi il 18% se la facciamo partire dai minimi.
Detto questo e tornando al breve termine, segnaliamo la ripresa della moneta unica, al di sopra delle prime resistenze. Ci aspettavamo che questa settimana potesse decretare il definitivo rialzo del biglietto verde, sulle aspettative di rialzo dei tassi Usa, ma per ora, la flag che abbiamo evidenziato ripetutamente, e che è una chiara bullish flag, non ha mostrato particolare forza di biglietto verde, e potrebbe essere questo il caso tipico del buy dollars sui rumors and sell on news, ovvero una ripresa anche forte dell’Euro dopo la decisione di mercoledì prossimo.
Tecnicamente, il superamento dell’area 1.1810 20 riproporrebbe un euro decisamente più alto, con rinnovati target al di sopra di 1.1900 e precisamente in area 1.1950 60, che sarebbe l’ultimo baluardo, prima del ritorno sui massimi precedenti sopra 1.2000. Questa settimana sarà decisiva per capire se la moneta unica è destinata a superare tali livelli oppure no, per cui l’attenzione dovrà essere massima. Il mercato è e rimane eurocentrico, essendo la moneta unica, al centro dell’attenzione dei mercati. Attenzione quindi soprattutto alle parole di Draghi, giovedì prossimo, perchè con una inflazione abbondantemente sotto le previsioni, ci sarà da stare ben attenti.
Buona giornata e buon trading
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
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