Siamo già alla seconda settimana di giugno, sono passati più di 100 giorni dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, il petrolio rimane più vicino ai 120 dollari al barile che al livello di 100, i mercati azionari hanno vissuto una settimana di price action in rosso, l’inflazione continua a salire quasi ovunque, e le banche centrali persistono nel minacciare ulteriori rialzi rischiando una recessione autunnale, di quelle da ricordare.
Negli Usa, l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro, ovvero il dato sui payrolls, ha mostrato un incremento di 390 mila lavoratori nel settore non agricolo, un numero superiore alle attese anche se inferiore al dato precedente di 436 mila. Il tasso di disoccupazione è salito al 3.6% mentre i salari orari sono cresciuti meno delle attese, ovvero dello +0.3% rispetto a previsioni dello 0.4% a parità di ore lavorate, mentre su base annua, sono cresciuti come da consensus del 5.2%. In buona sostanza tutto come prima, con numeri che si discostano poco dalle previsioni e che danno l’idea di un’economia Usa a fine ciclo espansivo, soprattutto alla luce dei dati sui Pmi e Ism che evidenziano un calo strutturale avvicinandosi alla fatidica soglia dei 50 punti. L’aumento leggero della disoccupazione pare fisiologico dopo tanto correre e il 3.6% rimane comunque un ottimo dato. Vedremo se durerà, nel breve forse sì, ma a tendere, specie alla luce del rallentamento economico che il rialzo del costo del denaro, inevitabilmente, andrà a causare, potremmo assistere ad un peggioramento dei dati sul mercato del lavoro, anche se ce ne accorgeremo da quelli sui jobless settimanali.
I mercati azionari Usa, venerdì scorso hanno chiuso in rosso con il Dow che ha perso quasi 250 punti mentre S&P e Nasdaq hanno perso rispettivamente l’ì1.6% e il 2.5%, proprio in relazione ai timori di rialzi ancora più aggressivi da parte della Fed.
Il mercato dei cambi, dal canto suo, resta abbastanza stabile, con price action tutto sommato contenute sulle majors anche se parzialmente favorevoli al dollaro che ha chiuso la settimana in rialzo, con un dollar index tornato a ridosso dei 102 punti. Scendono quindi EurUsd e Cable con la sterlina sempre meno performante della moneta unica, tanto è vero che EurGbp ha recuperato quota 0.8580 e sembra puntare a 0.8620 e 0.8660. Un eventuale breaokut su base settimanale dell’area 0.8660 70 area porterebbe ad una accelerazione di medio termine che spingerebbe i prezzi anche intorno a 0.9000, ed è per questo che il cross diventa cruciale nelle settimane a venire. Sorprende da un punto di vista macro, questa price action, specie perché la Boe ha previsto altri rialzi dei tassi, mentre in Europa tutto sommato, al di là di qualche dichiarazione, non si aspettano rialzi fino all’autunno inoltrato.
Giovedì comunque vi sarà la decisione della Bce e forse Miss Lagarde chiarirà questo punto visto che all’interno del board vi sono dei falchi che vorrebbero un rialzo di 50 punti base anche a Luglio. In ogni caso la tensione sull’Euro nelle ultime settimane è diminuita, e vedremo se in qualche modo, la tenuta del tasso di cambio sia voluta dalla Bce, che ha timore di una inflazione importata che possa ulteriormente minare la crescita. Da questo punto di vista, la Boe sembra meno attenta agli effetti negativi del tasso di cambio e forse si spiega così la discesa della valuta britannica, tornata sotto 1.2500 con possibilità sul giornaliero di andare al test di 1.2350. Sulle altre coppie segnaliamo UsdJpy ormai a ridosso dei massimi visti tra il 28 aprile e il 10 maggio, sopra quota 131 e con la possibilità di attaccare anche livelli più alti che peraltro non sono vicini, ma a ridosso di 135.
Anche le oceaniche, dopo tentativi falliti al rialzo, ritornano a scendere per correlazione rispetto alle majors, con Aud che ha supporti chiave a 0.7140 mentre Nzd a 0.6460, che poi sono le aperture di giovedì scorso che se violate, aprirebbero scenari bearish più interessanti. L’unico dollaro che per ora ha fatto fatica a salire è UsdCad, in ragione di un prezzo del petrolio che non accenna a correggere e che è, a nostro avviso, la causa principale di questa tensione latente sui mercati al di là anche della geopolitica. Gli obiettivi di UsdCad, sembrerebbero posizionati tra 1.2280 e 1.2390 nel medio termine, cioè entro qualche settimana.
Sul fronte delle notizie più importanti da seguire questa settimana, segnaliamo la decisione della Bce sui tassi giovedì, mentre dagli Usa occhio ai dati sull’inflazione, bilancia commerciale e gli aggregati pubblicati dall’Università del Michigan. Dall’Australia è attesa la decisione sui tassi della Rba, attesa al rialzo di 35 punti base. Dalla Cina, arriveranno infine i dati sul Pmi. Una settimana tutta da vivere.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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