I dati che ormai quotidianamente vengono pubblicati, confermano quanto andiamo sostenendo da qualche settimana, ovvero che è in atto un chiaro rallentamento globale che potrebbe ben presto sfociare in una recessione nei principali paesi del primo mondo. E potrebbe anche diventare un hard landing da ricordare.
Ieri a sorprendere in negativo, sono stati i numeri sui Pmi flash di Uk e Usa, usciti decisamente inferiori alle attese e non lontani da quella soglia di 50 che misura il confine tra crescita e rallentamento economico.
I numeri inglesi sono usciti, sia per il Pmi dei servizi che il composite, a 51.8, ben sotto le attese che erano per livelli tra 56.5 e 57.0. Sterlina che ha perso velocemente 140 pips per poi recuperare e chiudere appena sopra 1.2500. Il Regno Unito vive un momento obiettivamente particolare con una inflazione esogena, dal lato dell’offerta, che rasenta il 9% mentre l’economia rallenta sensibilmente, destando anche significativa preoccupazione tra i membri del board della Boe, impegnata a combattere una inflazione difficilmente contrastabile con il solo rialzo dei tassi che, nel paese della Regina, potrebbe accelerare il rallentamento economico fino a farlo diventare recessione. In Uk ormai ne parlano apertamente.
In Europa, le cose sembrano andare un po’ meglio nel senso che i dati sembrano più stabili e non vivono quegli eccessi che si notano in Uk o Us. E a tal proposito segnaliamo i dati sui Pmi del vecchio continente, che hanno tenuto meglio che negli Stati Uniti, ove gli indici dei direttori di acquisto hanno evidenziato un calo a 53.5 e 53.8 per il service e composite pmi, decisamente inferiore ai consensus. Ma dagli States non giungono dichiarazioni di preoccupazione relativamente alla crescita, segnale che la crisi che si rischia, non vedrà stavolta grande sostegno da parte delle banche centrali stesse, che saranno costrette ad alzare il costo del denaro. Ma ormai l’abbiamo detto e ripetuto, per cui occorre ora capire la dinamica dei prezzi e quanto potrebbe accadere sui mercati.
Intanto segnaliamo la forza di uno Jpy ritrovato, ovvero la valuta safe heaven per default, che ha cominciato a dare segnali di forza, dopo la rottura di 127.00 al ribasso per il UsdJpy, che avevamo ieri segnalato come lo spartiacque per movimenti che sembrano ricordare la fase iniziale della crisi che vivemmo nel 1998, guarda caso durante la famosa crisi Russa. Ebbene in 8 settimane, allora, vedemmo una prima fase di crollo di UsdJpy da 147.80 a 129.00 nell’arco di 4 settimane, a cui fece seguito una correzione da 129 a 137.40 che durò solo 3 settimane e poi l’ultima ottava, con un crollo epocale da 136.00 a 111.40 in sole 5 sedute, con una perdita quasi totale della liquidità del sistema. Se il movimento di allora fu causato dal default del debito sovrano russo, questa volta a far paura, è l’andamento dell’inflazione sui mercati, dovuta all’aumento dei prezzi dal lato dell’offerta, a cui la domanda inizialmente si era adeguata, ma poi in questa ultima fase, la crisi, dovuta alle sanzioni, alle strozzature della supply chain e alla discesa delle borse, potrebbe causare un crollo della domanda tale da generare una crisi senza precedenti. Ecco perché l’osservazione del UsdJpy diventa la chiave per capire il mercato.
Tra l’altro cominciano a salire anche le coppie storiche che in risk off rialzano la testa, ovvero i cross dell’Euro contro Aud, Nzd e Cad, così come EurGbp e anche EurUsd. Non perdiamo di vista quindi le price action e osserviamo Jpy e mercati azionari. E in più ogni parola a favore di un rialzo dei tassi da parte di un qualsiasi banchiere centrale, alimenta la paura e la possibile recessione. Questo il quadro macro e tecnico, senza dimenticare che la guerra ormai sembra un lontano ricordo, quando invece si combatte ancora senza che la diplomazia riesca a trovare una via d’uscita dignitosa per entrambi i contendenti.
Intanto questa notte la Rbnz ha alzato i tassi ufficiali dello 0.50% portandoli al 2%, come ampiamente atteso, ma nello statement è risultata ancora più hawkish di quanto precedentemente previsto. I tassi infatti saliranno ancora e il picco sembra potrà essere raggiunto al 4% nel 2023. Salito il dollaro neozelandese, da 0.6420 a 0.6510, un rialzo di circa l’1.3%. Su base giornaliera, l’accumulazione pare evidente e assai interessante con obiettivi che si possono individuare in area 0.6560 e 0.6650.
Oggi sul fronte dati, Pil tedesco e ordini di beni durevoli Usa.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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