La giornata di ieri era cominciata al solito modo, con un dollaro forte che schiacciava inesorabilmente tutte le valute concorrenti, un dollar index che sembrava avviato al test di quota 100, in una giornata di passione soprattutto per Aud, Nzd e sterlina, con l’Euro che scivolava lentamente sotto quota 1.0900, avviatosi anch’esso verso il cosiddetto gap Macron, mai chiuso dal 2017 (ovvero quell’area compresa tra 1.0780 e 1.0830 dell’aprile 2017). Il dollaro australiano, dopo la decisione della Rba di tagliare il costo del denaro a 0.75% dall’1% aveva provocato un piccolo terremoto, dato che AudUsd era sceso di 100 pips da 0.6770 a 0.6670 ovvero l’1.5%. E tutto faceva pensare che si potesse scendere ancora, con NzdUsd a ruota vicino a 0.6200 e Cable a ridosso di 1.2200. Poi nel pomeriggio, è uscito il dato Usa sull’Ism del settore manifatturiero che ha evidenziato un calo a 47.8 da 50.4 atteso e 49.1 del dato precedente e il mercato, improvvisamente. ha cominciato a girarsi chiudendo poi con un recupero di circa 0.50% dai minimi. Niente di che, direte voi, è vero, ma la price action pre-dato era semplicemente qualcosa di asfissiante, degna di un possibile flash crash. Le abbiamo viste tante volte questo genere di price actions ovvero, prezzi sui minimi (o sui massimi è indifferente) che non riescono a swingare e le correzioni si limitano a 5-6 pips prima di ricominciare a muoversi nella direzione del trend. E quando è così la ragione tendenzialmente è legata ad esposizioni e percentuali di posizioni retails contrarie al trend molto importanti e posizioni dei grandi speculatori altrettanto importanti ma a favore del trend. Quando lo sbilanciamento è così forte si arriva quasi sempre allo spoof finale, un movimento di accelerazione violenta nella direzione del trend che va a pulire un mercato ingessato nelle posizioni nei quali la parte debole spesso viene spazzata via dagli stop loss.
Queste spesso sono le condizioni ideali per un flash crash, ovvero mancanza di liquidità improvvisa che va ad esacerbare un movimento che porta via le posizioni deboli o quella che in gergo viene definita liquidità buona. Dopo il dato Usa è uscita una dichiarazione del Presidente Trump che candidamente, ha ammesso che il dato negativo è dipeso dall’eccessiva forza del dollaro, una ammissione che conferma quanto abbiamo più volte ribadito anche in queste pagine, ovvero la necessità di cambiare strategia da parte del Presidente Usa.
Ora, la nostra opinione è che il Presidente si trovi in un imbuto dal quale non è facile uscire. Egli ha voluto combattere questa battaglia sui dazi, che ha portato ad ora dei benefici, ma non perché siano stati applicati, dato che tra proroghe e sospensioni, solo una piccola parte è stata per ora applicata, ma perché il solo timore di una applicazione diffusa delle tariffe ha creato una situazione nelle quali le grandi aziende, invece di fare gli investimenti programmati, hanno deciso di aspettare l’accordo tra Cina e Usa, per evitare errori nelle strategie di investimento nel caso la guerra commerciale avesse vissuto una escalation. E questo ha colpito i paesi concorrenti più degli Stati Uniti stessi. Ciò però ha provocato un rafforzamento strutturale del biglietto verde, inesorabile e pericoloso. A questo punto, ci troviamo di fronte ad un contagio della congiuntura globale anche negli Usa. E con il dollaro troppo forte, il rischio che tutto quanto di buono il Presidente Usa è riuscito a fare, in termini di defiscalizzazione e di crescita conseguente negli ultimi due anni, potrebbe venir vanificato da un dollaro eccessivamente forte ed una conclusione della guerra sui dazi che risultasse un compromesso.
Il dollaro rimane la valuta contemporaneamente di rifugio e da investimento e, di fatto, per deprezzarlo c’è un solo modo: aspettare che la congiuntura rallenti anche negli Usa e sperare nella Fed. E non crediamo che sia ciò che desidera il Presidente, che vorrebbe invece un taglio dei tassi in una congiuntura ancora favorevole. Un pò troppo, non vi pare? Vedremo. La guerra valutaria non è ancora terminata, sembra di rivivere il periodo degli accordi del Plaza con un dollaro che schiacciava tutto e tutti e si dovette arrivare ad un intervento concertato all’Hotel Plaza di New York nel settembre del 1985 per deprezzarlo. Sarà così anche questa volta?
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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