La Fed non sorprende, secondo Powell non è il momento per parlare di tapering

Niente da fare, almeno per il momento, per coloro che si attendevano una Fed preoccupata del rialzo dell’inflazione e orientata al tapering. Niente di tutto ciò. La Banca Centrale Usa invece, oltre ad aver lasciato invariati i tassi nella forbice 0%-0.25%, ha dichiarato che continuerà ad acquistare obbligazioni al ritmo di 120 miliardi di dollari mese. Nessuna riduzione degli acquisti quindi e mantenimento della politica espansiva ad oltranza.

Powell non fa sconti quindi e decide di mantenere lo status quo, con le borse impiccate sui massimi e un dollaro che scende contro tutte le principali valute concorrenti, eccezion fatta per il cambio UsdJpy, che beneficia peraltro del risk on attuale, ovvero dell’appetito al rischio ancora ai massimi.

Si legge nello statement che 7 membri su 18 hanno votato in favore di un futuro rialzo nel 2023, e solo 4 membri hanno votato a favore di un rialzo nel 2022. Ma si legge anche che le stime di crescita sono state riviste decisamente al rialzo, in particolar modo il Pil crescerà al 6.5% nel 2021 contro il 4.5% che era atteso solo qualche mese orsono. La disoccupazione si attesterà al 5% mentre l’inflazione salirà oltre il 2.4% per poi stabilizzarsi nel 2022.

Durante la conferenza stampa Powell è stato chiarissimo, affermando che la ripresa resta incompleta oltre che essere irregolare, e il tasso di disoccupazione resta preoccupante. La crescita dell’inflazione per il presidente, è solo temporanea e i tassi resteranno a zero fino al raggiungimento degli obiettivi. L’aumento dei prezzi non soddisfa quindi i criteri per il rialzo del costo del denaro. Secondo Powell, non è il momento per parlare di tapering. E’ altrettanto vero che il Presidente ha affermato che l’attività economica è decisamente in ripresa e la congiuntura appare in deciso miglioramento, ma ciò non basta per adottare misure restrittive.

Insomma, cari amici, la Fed si allinea a Bce e Boj nel mantenimento dello status quo e, a questo punto, le parole della Bank of Canada la settimana scorsa, che avevano lasciato intendere un possibile atteggiamento hawkish anche da parte della Fed, restano parole isolate. Questo fatto alimenta la correlazione intermarket che abbiamo segnalato per tutto il 2020, ovvero mercati azionari ancora in rialzo di fronte ad un dollaro che scivola lentamente contro tutto. Fino a quando la volatilità dei mercati resta bassa, alla Fed questa dinamica dei prezzi piace, perché consente un deprezzamento della valuta, che aiuta in un periodo come quello attuale, unitamente al mantenimento dei massimi dei mercati azionari che negli Usa, sono considerati fondamentali per il sostegno a famiglie e imprese. Pertanto, saranno le altre banche centrali a dover sopportare il carico di una valuta in apprezzamento rispetto al biglietto verde, anche se sappiamo bene che, a molte di queste, non piace il ruolo di paese con valuta forte in un momento tanto delicato.

Tutti i cambi, dicevamo, sono saliti rispetto al biglietto verde con l’Euro al test di 1.2150 dopo aver rotto la trendline discendente che congiungeva i massimi precedenti e che passava a 1.2110 15 area. A questo punto non si può escludere il test dell’area di 1.2240-50. Il Cable per ora resta invece sotto 1.4000, pur essendosi avvicinato nelle ultime ore. Al di sopra di tale livello si potrebbe riparlare dei massimi precedenti visti a 1.4245-50 lo scorso febbraio. Oceaniche ancora sotto quota 0.7815 20 per AudUsd e 0.7300 per NzdUsd. UsdCad che, dal canto suo, continua a scivolare, dopo aver rotto 1.2360-70, verso i supporti successivi posti a 1.2260-70 area. Petrolio che resta sopra i 64 dollari al barile e oro che stranamente, non riesce per il momento, a rompere la resistenza chiave a 1800.

Reagirà il dollaro? Crediamo di sì, ma non possiamo escludere inizialmente ulteriori ribassi, che potrebbero anche spingere il Dollar index a 89.65, minimo dello scorso febbraio. Vedremo fin dove si protrarrà questa price action, ben sapendo che a livello macro, le differenze tra la ripresa negli Usa e quella che si vede altrove, dovrebbe prima o poi favorire comunque un recupero, seppur parziale, della divisa americana.

Saverio Berlinzani per ActivTrades.

Profilo dell’analista

Saverio Berlinzani

Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.

In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).

Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.

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