E’ la notizia del giorno, quella che scuote la Cina e in particolare il mercato delle criptovalute:
Le autorità finanziari cinesi proibiscono la raccolta di fondi tramite le ICO con efficacia immediata e obbligano che il capitale raccolto fino ad ora attraverso questo strumento di raccolta di capitale in criptovalute venga restituito agli investitori.
La notizia spaventa tutto il settore e provoca da subito un crollo dei prezzi delle criptovalute. Nel momento in cui scriviamo la situazione è questa:
Bitcoin a 4.441 dollari in calo del 4,5%
Bitcoin Cash a 552,70 dollari in calo del 10,38%
Ethereum a 301 dollari in calo del 15,23%
Litecoin a 66.36 dollari in calo del 17,52%
Ripple a 0.2061 dollari in calo del 12,67%
Dash a 328 dollari in calo del 10,75%
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Con effetto immediato la Cina vieta alle imprese la raccolta di fondi tramite ICO, e chiede agli ispettori di ispezionare le 60 principali piattaforme.
La notizia era nell’aria, il governo cinese aveva già reso noto il suo atteggiamento ostile nei confronti delle ICO non regolamentate, mettendo subito l’ordine di bloccare tutto.
Ora si attende una risposta dagli altri stati come gli USA, dove le ICO sono paragonabili alle IPO.
Gli exchange di criptovalute e le piattaforme di trading in token in Cina non possono più consentire la partecipazione alle ICO ai propri clienti, secondo quanto stabilito dalle autorità. Le banche e altri fornitori di servizi finanziari non sono autorizzati a facilitare la partecipazione alle ICO o ad avere alcuna altra connessione con le società che raccolgono fondi tramite e la vendita di criptovaluta.
Questa notizia ha il potenziale di influenzare notevolmente l’ecosistema del mercato delle criptovalute e forse anche di dare una fine all’attuale «ICO-Mania». Certo, non tutte le offerte iniziali di valuta sono state fatte in Cina, ma secondo alcuni dati di mercato circa il 60% degli investitori è cinese.
Nel frattempo gli investitori corrono al riparo aprendo posizioni al ribasso sulle criptovalute, sfruttando così l’opportunità della discesa dei prezzi.
Con i fatti di oggi si fa reale l’ipotesi di Sheba Jafari, capo della strategia tecnica di Goldman Sachs, che già i primi giorni di agosto aveva previsto che il prezzo del Bitcoin potrebbe schizzare a 4.800 dollari (cosi come realmente è stato), e che però ha avvertito che l’aumento del prezzo potrebbe precedere una correzione con una discesa per il Bitcoin sotto i 3.000 dollari.
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