3 Ottobre, 2025
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    Brexit, Fed, dazi è questa la ricetta giusta per creare instabilità sui mercati finanziari

    Quest’anno, è certamente particolare, per tante, troppe ragioni, che ne fanno un periodo di assoluta instabilità, a tutti i livelli, da quello economico a quello politico, senza dimenticare quello legato alle relazioni internazionali, e quindi di tipo geopolitico.

    Ogni giorno vi è il concreto rischio che notizie e rumors ad ognuno di questi livelli, riescano a spostare gli equilibri di mercato, estremamente fragili e delicati. Pensavamo tutti che potesse essere cambiato qualcosa nel paradigma che aveva caratterizzato il 2018, ovvero forza del Dollaro, ma così non è. Sono infatti intervenute notizie, che ne hanno riproposto l’andamento rialzista e che hanno annullato parte dei movimenti visti la settimana precedente.

    Innanzitutto ricordiamo il problema della Brexit, che ancora assilla, come orami da due anni, i mercati, con discussioni tra Ue e Uk che paiono interminabili, ma soprattutto dall’esito incerto. Fino a venerdì pomeriggio, sembrava infatti, dalle dichiarazioni concilianti dei protagonisti, che al 95% per cento l’accordo tra l’Unione e il Regno Unito fosse ormai raggiunto e si stesse parlando di soli dettagli da definire e riguardanti per lo più la questione delle dogane tra Repubblica di Irlanda e Irlanda del Nord. Ma venerdì pomeriggio ecco la doccia fredda, con Theresa May che ribadiva che i colloqui erano per molti versi, ancora in alto mare, con dichiarazioni sconcertanti relative ad una eventuale proposta alternativa da parte della Gran Bretagna, e determinata a chiedere che nessuna delle due parti avrebbe dovuto chiedere ciò che sarebbe parso inaccettabile all’altra. Tra queste richiesta, vi è pure la proposta europea di cancellare il referendum per proporne un secondo. La May ha ribadito di volere un accordo, ma per ora avrebbe respinto le due opzioni offerte dalla Ue, che sembrerebbero a detta sua, non appropriate per il Regno Unito. La Gran Bretagna ha ribadito di non voler accettare un confine interno al Regno e soprattutto che qualsiasi offerta che non rispettasse l’esito del referendum del 2016, non potrebbe essere accolta. Dal canto suo l’Europa ha rifiutato la proposta messa in campo dalla May, che ha ribadito che non vi saranno elezioni in questo autunno. Tutto sommato, dati i colloqui avanzati, si spera che un accordo si possa trovare anche se il leader laburista Jeremy Corbyn, che tifa per i conservatori fuoriusciti dal partito, spera in un accordo per andare ad elezioni in autunno. Dal canto suo l’Europa, tramite il suo portavoce, Tusk, ha riaffermato la volontà di voler trovare agreement per ridurre ai minimi termine gli effetti della Brexit, e per tale ragione probabilmente, si cercherà un compromesso sulla proposta inglese. Ma non sono solo questi i problemi legati alla possibile volatilità del mercato, in quanto non possiamo dimenticare le tensioni tra il nostro paese e l’Unione relativamente alla presentazione della finanziaria, prevista per l’inizio di Ottobre.

    Il mercato è in attesa di sapere quanto presumibilmente, sarà il deficit di spesa previsto, ovvero se sarà o meno superiore all’1.6%, piuttosto che al 2-2.5% che sembra essere la forbice proposta dal Governo. L’Italia spinge per una ricerca di spesa maggiore per rilanciare il Pil con i tecnici convinti che questo possa cambiare il paradigma che fino ad oggi aveva caratterizzato le scelte di politica economiche dell’Italia, ovvero più austerità = più debito pubblico, che di fatto ha rappresentato il risultato dei precedenti Governi, i quali avevano puntato sulla stessa ricetta che il Fmi aveva programmato per la Grecia, che però di fatto era miseramente fallita, per ammissione dello stesso Fondo Monetario.
    Il problema è che ad oggi, non è detto che la ricetta di maggiore spesa, in un paese come il nostro, significhi sicuramente Pil in ripresa tale da ridurre il numeratore della frazione debito/pil. Insomma, le incognite son tante e la volatilità così come l’incertezza, dominano ancora la scena.

    Infine, ma non certo ultimo per importanza, questa settimana è quella del probabile rialzo della Fed sui tassi, un’altra questione che potrebbe ovviamente far aumentare il delta tasso tra il dollaro e le altre valute, riproponendo quindi il trend di rialzo della divisa Usa, che ha di fatto caratterizzato l’anno dal secondo trimestre in poi. Molti sostengono che la Fed proseguirà nella sua politica restrittiva, con almeno altri tre rialzi nel 2019, ma a ben vedere, i dati macro sembrano segnare il passo e mostrare un certo rallentamento, tanto che qualcuno sostiene che i tassi siano arrivati ai massimi. Sarà molto interessante osservare i prossimi dati perché ci daranno conferme soprattutto sul mercato immobiliare, che il rialzo dei tassi rischia di penalizzare.

    Infine, non dimentichiamoci dell’altro grande tema del 2018, ovvero i dazi, con la Cina che rifiuta per ora di organizzare un incontro con gli Usa per riparlare di dazi e si appresta al retailiation nei confronti dei prodotti Usa in risposta ai 200 miliardi di dazi proposti da Trump. La tensione resta alta ma il Tycoon americano sembra voler andare dritto per la sua strada, dimenticando che in presenza di ritorsioni, i dazi diventano quasi esclusivamente una tassa al commercio, quindi dannosa a tutto il sistema. Ma l’America vuole reciprocità perché ritiene di aver pagato a sufficienza, in termini di enorme deficit commerciale (50 miliardi mese), il dumping cinese e quello di altri paesi mercantilisti, tra cui la Germania, secondo vero obiettivo del Presidente Usa.

    Se ci spostiamo sull’andamento delle principali valute, segnaliamo innanzitutto l’inversione del cable, che però per essere confermata su base giornaliera, deve vedere il breakout dell’area 1.2980 1.3000, la cui rottura aprirebbe la strada al retest delle aree di 1.2800 e 1.2650. Ricordiamo che un no deal tra Ue e Uk potrebbe spingere i prezzi nuovamente in area 1.2000 nel medio termine. Venendo all’EurUsd, invece rimaniamo dell’idea che il punto chiave per evitare una nuova discesa più strutturale, si trovi intorno a 1.1650. Dollaro che resta forte e in rialzo anche contro lo Jpy, verso il quale potrebbe accelerare ulteriormente almeno fino a 113.20 30 che rappresenta l’area chiave, la cui violazione probabilmente porterebbe i prezzi nuovamente in area 115.00, livelli del novembre 2017.
    Passando alle oceaniche, segnaliamo la possibilità che AudUsd possa nuovamente tornare a testare i supporti chiave posti in area 0.7200 con Nzdusd verso 0.6600 anche se su questi cambi crediamo che siano già scontate le notizie sui dazi alla Cina e possano subentrare possibilità di inversione rialzista, specie se quello di mercoledì, sarà uno degli ultimi rialzi dei tassi Usa.
    L’attenzione ai segnali macro, in questa fase, deve rimanere il tema centrale della nostra operatività ancor più degli aspetti tecnici, che spesso anticipano, ma in questa fase potrebbero invece ritardare gli eventi.

    Saverio Berlinzani per ActivTrades.

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    Amministratore e CEO del portale www.doveinvestire.com, Simone Mordenti è anche analista finanziario, trader con oltre 25 anni di esperienza. Classe 1974, si avvicina al mondo del trading, ed in particolare agli investimenti su indici di borsa e azioni, grazie all’affiancamento di esperti del settore. Una forte passione per le scienze statistiche e l’analisi tecnica sui mercati finanziari, da diversi anni si occupa di giornalismo finanziario in diversi portali del settore, in veste di analista tecnico e trading advisor.
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