3 Dicembre, 2025
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    Dove InvestireAI e Bitcoin: strategie per proteggere il portafoglio nel 2026

    AI e Bitcoin: strategie per proteggere il portafoglio nel 2026

    Il 2026 metterà alla prova gli investitori tra AI, Bitcoin e mercati instabili. Scopri come proteggere il portafoglio con strategie concrete e dati reali.

    AI e Bitcoin: strategie per proteggere il portafoglio nel 2026

    Il 2026 potrebbe rappresentare un punto di svolta per gli investitori che puntano su AI, Bitcoin, oro e altre criptovalute. L’intreccio tra innovazione tecnologica, decisioni della Fed e forte volatilità sui mercati finanziari rende indispensabile una riflessione più rigorosa su come costruire e gestire il proprio portafoglio. I rialzi degli indici azionari, guidati da pochi colossi tecnologici, hanno creato concentrazioni di rischio spesso sottovalutate, mentre le correzioni del comparto cripto hanno ricordato quanto siano bruschi i movimenti di prezzo in questa asset class.

    Chi desidera continuare a partecipare alla crescita dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute deve imparare a bilanciare entusiasmo e prudenza. Diventa essenziale integrare nel portafoglio strumenti difensivi, strategie di diversificazione e, quando possibile, una gestione fiscale efficiente. L’obiettivo non è prevedere il prossimo movimento del mercato, bensì impostare una struttura d’investimento capace di resistere agli shock e di valorizzare i trend di lungo periodo.

    Trend AI e impatto sugli investimenti nel 2026

    Il settore della tecnologia continua a essere uno dei principali motori di crescita dei mercati azionari. La differenza rispetto a cicli passati è che la spinta proveniente dall’AI non nasce da società prive di ricavi, ma da realtà consolidate con margini elevati e flussi di cassa importanti. Le grandi piattaforme che investono in intelligenza artificiale utilizzano risorse generate da business già redditizi, trasformando la spesa in innovazione in un pilastro strategico e non in una semplice scommessa.

    Per gli investitori questo significa che l’esposizione a titoli legati all’AI può essere sensata, a patto di non ignorare le valutazioni. Aziende di semiconduttori, software e servizi cloud hanno spesso raggiunto multipli elevati rispetto alla media storica. Ciò non implica automaticamente una bolla, ma richiede un’analisi più accurata di utili attesi, crescita dei ricavi e ritorno sugli investimenti in tecnologia. Un approccio prudente potrebbe prevedere l’utilizzo di ETF tecnologici diversificati, piuttosto che il semplice acquisto concentrato su pochi titoli estremamente popolari.

    Nel 2026 sarà importante monitorare con attenzione i risultati trimestrali delle società esposte all’AI: eventuali rallentamenti della crescita potrebbero provocare correzioni significative. Un investitore preparato non si limita a inseguire il tema del momento, ma valuta l’impatto dell’AI sul modello di business, sui margini e sulla sostenibilità dei piani di investimento di lungo periodo.

    Bitcoin e criptovalute: rischio, volatilità e rendimento

    Il comparto delle criptovalute continua a rappresentare una delle aree più complesse per chi investe. Bitcoin ha vissuto fasi di forte entusiasmo alternate a correzioni violente, con ribassi superiori al 20% in pochi giorni e discese più ampie nel corso di periodi prolungati. Titoli collegati al settore, come le aziende con grandi riserve in cripto, hanno amplificato questi movimenti, mostrando una sensibilità elevata al sentiment del mercato.

    Tutto ciò non impedisce a Bitcoin di essere considerato da molti un asset potenzialmente interessante, soprattutto per chi ragiona in un’ottica pluriennale. La chiave è la dimensione dell’esposizione. Un investitore che inserisce Bitcoin e altre crypto nel proprio portafoglio deve accettare il rischio di drawdown profondi, anche nell’ordine del 50–75% in intervalli piuttosto brevi. Per questa ragione la quota destinata alle criptovalute dovrebbe restare contenuta e calibrata sulla reale tolleranza al rischio.

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    Un possibile approccio operativo consiste nel definire una percentuale massima dedicata al comparto cripto, per esempio tra il 5% e il 10% del portafoglio, e nel costruire la posizione con piani di acquisto dilazionati (DCA, dollar cost averaging). Questa tecnica consente di ridurre l’impatto delle oscillazioni di breve periodo, spostando l’attenzione dal timing perfetto alla costanza nel tempo. Le criptovalute non dovrebbero sostituire l’investimento tradizionale in azioni o obbligazioni, ma affiancarlo come segmento ad alto potenziale e alto rischio.

    Oro e asset difensivi per ridurre la volatilità

    Negli stessi periodi in cui Bitcoin e molte crypto hanno subito forti ribassi, l’oro ha mostrato una tendenza opposta, avvicinandosi ai massimi recenti. Questo comportamento conferma il ruolo dell’oro come asset difensivo, spesso scelto dagli investitori quando prevalgono incertezza macroeconomica e timori legati a inflazione, debito pubblico e politiche monetarie accomodanti. Inserire una quota di oro fisico o tramite ETF nel portafoglio può contribuire a ridurre la volatilità complessiva.

    Dal punto di vista pratico, l’esposizione all’oro può essere vista come una sorta di assicurazione contro scenari estremi. Non necessariamente massimizza il rendimento, ma aiuta a stabilizzare il risultato complessivo quando i mercati azionari e le criptovalute attraversano fasi turbolente. In presenza di rialzi marcati dei prezzi al consumo o di segnali di stress nei mercati obbligazionari, l’oro tende a beneficiare delle rotazioni di portafoglio da parte degli investitori istituzionali.

    Accanto all’oro, altri strumenti difensivi possono includere obbligazioni di emittenti solidi, fondi multi-asset prudenti o prodotti a capitale parzialmente protetto. La combinazione di questi elementi contribuisce a rendere il portafoglio meno esposto agli shock improvvisi, senza rinunciare a una crescita graduale nel tempo.

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    Fed e tassi di interesse: effetti sul portafoglio

    Le decisioni della Federal Reserve restano uno dei fattori più influenti per chi investe sia in tecnologia sia in criptovalute. Le aspettative di taglio dei tassi di interesse possono generare movimenti rapidi su azioni, obbligazioni e asset digitali. In passato, il passaggio da bassa probabilità di riduzione a quasi certezza ha prodotto rialzi significativi degli indici, spinti dalla prospettiva di condizioni di credito più favorevoli.

    Bisogna però considerare che tagli aggressivi dei tassi non sono sempre una buona notizia per l’economia. In alcuni casi possono indicare un rallentamento in atto, con impatti negativi sulla redditività delle imprese e sull’occupazione. Per un portafoglio ben costruito diventa decisivo non basare le scelte su un singolo scenario, ma prevedere più ipotesi: crescita moderata, frenata economica, persistenza di inflazione, maggiore volatilità sui mercati.

    Chi investe dovrebbe monitorare indicatori come occupazione, fiducia dei consumatori e utili aziendali, non solo le conferenze stampa della Fed. Un approccio equilibrato prevede che l’esposizione a titoli fortemente sensibili ai tassi, come alcuni segmenti tech e growth, venga bilanciata con asset meno dipendenti dalla politica monetaria, come infrastrutture e credito corporate di qualità.

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    Infrastrutture e credito: strategie a rendimento stabile

    Il comparto delle infrastrutture rappresenta una componente importante per chi desidera inserire nel proprio portafoglio un flusso di rendimento più prevedibile rispetto a quello tipico di azioni e criptovalute. I progetti infrastrutturali sono sostenuti da dinamiche strutturali legate alla transizione energetica, alla digitalizzazione e alla manutenzione dei servizi essenziali, con contratti di lungo termine e ricavi caratterizzati da bassa ciclicità. Questo profilo rende l’area interessante per gli investitori che cercano stabilità e distribuzione periodica di cedole o dividendi.

    Negli ultimi anni l’attenzione degli investitori professionali si è spostata con decisione verso la componente creditizia del settore, cioè verso obbligazioni emesse da società infrastrutturali con rating solidi e duration coerente con lo scenario dei tassi. L’obiettivo è ridurre la volatilità complessiva del portafoglio, mantenendo un rendimento in linea con le condizioni di mercato e con un rischio più contenuto rispetto all’azionario puro.

    Per un investitore esistono diverse soluzioni concrete per accedere a questa area:

    • ETF obbligazionari infrastrutturali quotati su Borsa Italiana, che investono in bond di società attive in energia, utilities, trasporti e telecomunicazioni, con TER contenuto e distribuzione periodica dei proventi.
    • Fondi obbligazionari corporate investment grade collocati dalle principali reti bancarie italiane, che includono una quota significativa di emittenti infrastrutturali europei e globali.
    • Obbligazioni emesse da multiutilities e operatori energetici italiani, acquistabili tramite il proprio intermediario in regime amministrato o dichiarativo, con cedole spesso superiori ai titoli di Stato di pari scadenza.
    • Strumenti PIR alternativi in formato ELTIF, dedicati all’economia reale e alle infrastrutture italiane, che prevedono benefici fiscali in cambio di un orizzonte temporale vincolato.

    Per capitali più elevati, e in presenza di consulenza evoluta, si possono valutare anche fondi chiusi focalizzati su transizione energetica, reti digitali e mobilità, con accesso a progetti non quotati. In ogni caso, la caratteristica comune di queste soluzioni è la capacità di generare reddito periodico con una volatilità storicamente inferiore rispetto alle azioni cicliche. Integrare una quota di infrastrutture nel portafoglio consente quindi di attenuare l’effetto dei ribassi dei mercati più speculativi, mantenendo al tempo stesso un rendimento potenzialmente superiore all’inflazione.

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    Ottimizzazione fiscale e gestione delle plusvalenze

    La fiscalità è un elemento decisivo per chi investe in Italia, soprattutto quando si opera tramite conti tassabili e si detengono asset ad alta crescita come tecnologia, AI e criptovalute. Negli ultimi anni molti investitori hanno maturato plusvalenze rilevanti su questi segmenti; liquidare le posizioni senza un piano può tradursi in un prelievo fiscale significativo e ridurre la capacità di reinvestimento.

    Nel sistema italiano, i principali redditi finanziari sono tassati al 26%, mentre i titoli di Stato e assimilati godono dell’aliquota agevolata al 12,5%. Anche le plusvalenze su Bitcoin e altre criptovalute rientrano, nella maggior parte dei casi, nel regime del 26%. È rilevante ricordare che le minusvalenze possono essere portate in compensazione delle plusvalenze per i quattro anni successivi, rendendo la pianificazione temporale delle operazioni un vero strumento strategico.

    Per un investitore italiano alcune buone pratiche operative possono essere:

    • Ribilanciare gradualmente le posizioni in forte utile, distribuendo le vendite su più anni d’imposta per non concentrare tutte le plusvalenze nello stesso periodo.
    • Sfruttare le fasi di correzione per realizzare perdite selettive su titoli meno convincenti, generando minusvalenze compensabili con guadagni presenti o futuri.
    • Integrare nel portafoglio strumenti fiscalmente agevolati, come titoli di Stato italiani, ETF armonizzati UE e piani di risparmio individuali (PIR e PIR alternativi), che possono ridurre il carico fiscale o azzerarlo rispettando i vincoli previsti.
    • Valutare, con il supporto del consulente, l’uso di polizze finanziarie (unit linked) e gestioni patrimoniali che permettono una tassazione differita, concentrando il prelievo solo al momento del riscatto.

    Per chi opera in regime amministrato con intermediari, la banca si occupa di calcolare automaticamente imposte e compensazioni; ciò semplifica la gestione, ma riduce il controllo sul timing fiscale. Il regime dichiarativo, spesso utilizzato da chi ha conti esteri o opera su piattaforme estere per le crypto, offre maggiore flessibilità, ma richiede una pianificazione attenta e l’assistenza di un professionista.

    In sintesi, l’ottimizzazione fiscale non sostituisce la scelta degli investimenti, ma incide in modo diretto sul rendimento netto di lungo periodo. Un portafoglio ben costruito, ma gestito in modo inefficiente dal punto di vista fiscale, può produrre risultati molto inferiori rispetto al suo potenziale.

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    Come costruire un portafoglio resiliente nel 2026

    Costruire un portafoglio resiliente nel 2026 significa combinare in modo coerente asset a elevato potenziale di crescita, come AI e Bitcoin, con strumenti più stabili come oro, infrastrutture e credito. L’obiettivo è ottenere un rendimento adeguato, limitando l’impatto delle fasi di volatilità intensa e degli eventi macroeconomici imprevisti.

    Una possibile impostazione, da adattare sempre al profilo di rischio personale, potrebbe prevedere un nucleo centrale di azionario globale con forte componente tecnologica e di AI, affiancato da una quota mirata di ETF tematici sui megatrend digitali. All’interno di questa componente, il peso dei singoli titoli molto concentrati andrebbe contenuto, per evitare che il destino di poche società condizioni l’intero portafoglio.

    La parte ad alto rischio può includere una percentuale definita di Bitcoin e altre criptovalute, nella misura compatibile con la tolleranza alle perdite temporanee. In molti casi, per un investitore retail, una forchetta tra il 3% e il 10% del patrimonio finanziario destinato alle crypto può risultare una soglia più ragionevole rispetto a esposizioni eccessive. L’utilizzo di un piano di acquisti periodici (DCA) aiuta a ridurre la dipendenza dal prezzo di ingresso.

    Per aumentare la stabilità, entra in gioco la componente difensiva: una quota di oro fisico o tramite ETF, una sezione dedicata a infrastrutture e credito corporate e una parte in strumenti obbligazionari di emittenti solidi. Questi elementi contribuiscono a contenere la volatilità, offrendo cedole e potenziali guadagni in scenari in cui i mercati azionari o le crypto subiscono correzioni.

    La costruzione di un portafoglio resiliente richiede anche un processo di ribilanciamento periodico: quando un segmento cresce troppo rispetto agli altri, si valuta la possibilità di prendere profitto e redistribuire verso le aree rimaste indietro o più difensive. Questo meccanismo contribuisce a mantenere allineato il rischio complessivo agli obiettivi iniziali, evitando che il portafoglio si trasformi, nel tempo, in qualcosa di molto diverso rispetto al progetto originario.

    Un investitore consapevole definisce con chiarezza il proprio orizzonte temporale, gli obiettivi (accumulo, protezione del capitale, integrazione del reddito) e la propria tolleranza emotiva agli sbalzi di mercato. Su queste basi sceglie la combinazione di AI, Bitcoin, oro, infrastrutture e obbligazioni più adatta alla propria situazione, sapendo che non esiste una formula perfetta valida per tutti, ma solo strutture coerenti con le esigenze personali e sostenibili nel lungo periodo.

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    Amministratore e CEO del portale www.doveinvestire.com, Simone Mordenti è anche analista finanziario, trader con oltre 25 anni di esperienza. Classe 1974, si avvicina al mondo del trading, ed in particolare agli investimenti su indici di borsa e azioni, grazie all’affiancamento di esperti del settore. Una forte passione per le scienze statistiche e l’analisi tecnica sui mercati finanziari, da diversi anni si occupa di giornalismo finanziario in diversi portali del settore, in veste di analista tecnico e trading advisor.
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