Il tema delle tasse sulle criptovalute rappresenta una delle questioni più discusse tra chi investe o detiene asset digitali. Con l’arrivo del 2025, la fiscalità sulle criptovalute in Italia ha subito modifiche rilevanti che ogni contribuente dovrebbe conoscere a fondo. Comprendere come gestire la dichiarazione crypto, compilare correttamente il quadro RW e il quadro RT, calcolare le plusvalenze e sapere quando si paga l’imposta sostitutiva, non è più solo una facoltà, ma una necessità.
In questo articolo troverai tutte le risposte per affrontare con consapevolezza la dichiarazione delle criptovalute nel 2025, evitando errori che potrebbero costarti caro. Ti guideremo passo passo con spiegazioni dettagliate e esempi pratici.
- 1. Aliquota 26% confermata per il 2025: cosa sapere davvero
- 2. Franchigia addio: dal 2025 si pagherà anche sotto i 2.000 euro
- 3. Come funziona la rivalutazione crypto al 18%
- 4. Quadro RW: obbligo di monitoraggio fiscale
- 5. Quadro RT: quando si dichiara la plusvalenza
- 6. Cosa rischia chi non fa la dichiarazione crypto
- 7. Posso regolarizzare gli anni passati?
- 8. Zone grigie e incertezze normative: attenzione alle interpretazioni
- 9. Domande e Risposte (FAQ)
Aliquota 26% confermata per il 2025: cosa sapere davvero
Per l’anno fiscale 2025, l’aliquota applicata alle plusvalenze su criptovalute resta confermata al 26%. Questo significa che ogni guadagno ottenuto da operazioni fiscalmente rilevanti con crypto attività è soggetto a questa tassazione.
Circola l’ipotesi di un possibile aumento al 33% a partire dal 2026, ma al momento non esiste una conferma normativa definitiva. Un dato da tenere presente per pianificare le strategie di realizzo.
Franchigia addio: dal 2025 si pagherà anche sotto i 2.000 euro
Un cambiamento concreto riguarda la rimozione della franchigia di 2.000 euro. Per la dichiarazione fiscale 2025 (relativa all’anno 2024), questa franchigia resta valida. Tuttavia, dal periodo d’imposta 2025 in poi, ogni plusvalenza sarà imponibile fin dal primo euro.
La franchigia era spesso interpretata in modo ambiguo come soglia, ma una recente circolare dell’Agenzia delle Entrate ha confermato che si trattava effettivamente di una franchigia vera e propria, da calcolare sull’eccedenza rispetto ai 2.000 euro. Questo cambiamento avrà un impatto diretto su chi effettua numerose operazioni anche di piccolo importo.
Come funziona la rivalutazione crypto al 18%
La rivalutazione delle cripto-attività al 18% permette di aggiornare il valore di acquisto delle criptovalute al prezzo di mercato del 1° gennaio 2025. Pagando un’imposta sostitutiva, si può alzare il costo fiscale delle proprie posizioni.
Questa opzione può risultare vantaggiosa soprattutto in due casi:
- Quando il costo d’acquisto originario è molto basso
- Quando non si è in grado di dimostrare documentalmente il valore d’ingresso
La rivalutazione non è obbligatoria, ma è una facoltà prevista dalla legge, utile per ottimizzare la fiscalità futura sulle cessioni.
Quadro RW: obbligo di monitoraggio fiscale
Compilare il quadro RW è un dovere per chi possiede criptovalute, anche in assenza di plusvalenze. Il monitoraggio riguarda la detenzione di cripto-attività all’estero, ed è finalizzato a:
- Comunicare ufficialmente al fisco la presenza di crypto
- Calcolare e versare l’imposta patrimoniale del 2×1000
- Costruire una base documentale per eventuali verifiche in futuro
Il valore da inserire nel quadro RW deve essere convertito in euro, secondo il valore di mercato e i giorni di detenzione. È irrilevante il fatto di aver realizzato o meno un guadagno: è il possesso stesso a dover essere dichiarato.
Quadro RT: quando si dichiara la plusvalenza
Il quadro RT va compilato quando si superano i 2.000 euro di plusvalenze, anche in un’unica operazione. A partire dal periodo d’imposta 2025, con l’eliminazione della franchigia, sarà obbligatorio dichiarare qualsiasi plusvalenza, anche di poche centinaia di euro.
Nel modello 730 è stato inserito il nuovo quadro T, che permette di gestire la tassazione delle criptovalute direttamente senza dover ricorrere al modello Redditi.
Cosa rischia chi non fa la dichiarazione crypto
Omettere la dichiarazione delle criptovalute può avere conseguenze importanti:
- Sanzioni dal 3% al 15% annuo per mancato monitoraggio (quadro RW non compilato)
- Sanzioni fino al 60% sull’importo non dichiarato per plusvalenze (quadro RT)
- Blocco di fondi in caso di bonifici bancari non giustificabili
Con l’entrata in vigore del Regolamento MiCA e le future collaborazioni tra autorità fiscali internazionali, è plausibile un aumento significativo dei controlli.
Posso regolarizzare gli anni passati?
Sì, è ancora possibile mettersi in regola grazie alla dichiarazione integrativa, ammessa entro 5 anni. Chi ha presentato almeno una dichiarazione fiscale per altri redditi può inserire retroattivamente i dati crypto mancanti.
Si può accedere al ravvedimento operoso, che permette di ridurre drasticamente le sanzioni. Tuttavia, chi non ha mai dichiarato nulla non può utilizzare questa procedura e dovrà attendere eventuali nuove sanatorie.
Zone grigie e incertezze normative: attenzione alle interpretazioni
Alcuni temi sono ancora poco chiari, anche tra i professionisti:
- USDT è fiscalmente rilevante? Attualmente no, ma si attendono chiarimenti ufficiali.
- Come tassare staking, earn, airdrop? Le interpretazioni variano: i proventi da detenzione si tassano al momento della ricezione, mentre gli airdrop potrebbero essere considerati a costo zero.
- Il bridge tra blockchain genera tasse? In linea di principio no, ma può creare problemi di ricostruzione dei costi.
Ogni operazione andrebbe valutata singolarmente, preferibilmente con l’assistenza di un consulente esperto.
Domande e Risposte (FAQ)
Come si pagano le tasse sulle criptovalute in Italia nel 2025?
Le tasse crypto si pagano applicando un’aliquota del 26% sulle plusvalenze generate dalla cessione a titolo oneroso. Devi indicare gli importi nel quadro RT o nel nuovo quadro T del modello 730.
Devo pagare tasse crypto anche se ho guadagnato meno di 2.000 euro?
Sì. Dal 2025 la franchigia viene eliminata. Qualsiasi guadagno da criptovalute è tassabile fin dal primo euro.
Serve dichiarare criptovalute anche se non le ho mai vendute?
Sì. Anche in assenza di guadagni, il semplice possesso di crypto va dichiarato nel quadro RW come monitoraggio fiscale.
Quali criptovalute devono essere dichiarate? Anche USDT o stablecoin?
Tutte le cripto-attività estere vanno inserite nel quadro RW. Anche le stablecoin come USDT sono soggette a monitoraggio, anche se non sempre producono plusvalenze.
Cosa succede se non dichiaro le criptovalute nel 2025?
Rischi sanzioni dal 3% al 15% per mancato monitoraggio e fino al 60% per plusvalenze non dichiarate. Inoltre, potresti avere problemi bancari in caso di bonifici non giustificabili.
Quando conviene usare la rivalutazione crypto al 18%?
È utile se il valore d’acquisto delle crypto è basso o non documentabile. Permette di aggiornare il prezzo d’ingresso e ridurre la tassazione futura.
Cosa inserisco nel quadro RW per le criptovalute?
Devi indicare il valore in euro delle crypto detenute, calcolato sulla base del valore medio o di mercato al 31 dicembre, tenendo conto dei giorni di possesso.
Posso usare le minusvalenze crypto per risparmiare sulle tasse?
Sì. Le minusvalenze possono compensare le plusvalenze da altre crypto o strumenti finanziari nello stesso anno o nei 4 successivi.
Come funzionano le tasse crypto su staking, airdrop ed earn?
I proventi da staking ed earn sono tassabili al momento della ricezione come redditi diversi. Gli airdrop sono generalmente considerati a costo zero e tassati alla cessione.
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