
Nelle ultime settimane Bitcoin ha vissuto una correzione violenta che ha spaventato molti piccoli investitori, riportando le discussioni su “top di ciclo” e “fine del rialzo”. Eppure, mentre una parte del pubblico è uscita dal mercato, alcuni dei nomi più pesanti della finanza tradizionale hanno iniziato a muoversi in senso opposto, aumentando l’esposizione verso crypto e strumenti collegati a Bitcoin ed Ethereum.
Il risultato è un contesto apparentemente contraddittorio: da un lato volatilità elevata, liquidazioni e notizie negative, dall’altro lato grandi flussi istituzionali e segnali tecnici storicamente associati ai minimi ciclici, non ai massimi. Per chi si occupa di investimenti o sta costruendo una strategia a lungo termine, capire questo incrocio tra analisi tecnica, dati on-chain e mosse degli asset manager è fondamentale per non farsi guidare solo dall’emotività di breve periodo.
Nelle prossime righe verrà spiegato perché diversi indicatori suggeriscono che il recente sell-off somigli più a una “pulizia del mercato” che a un’inversione definitiva, perché realtà come Vanguard, la stessa Bank of America e altri player stanno aprendo alle crypto, e quali implicazioni pratiche possa avere tutto questo per chi investe in Bitcoin e altcoin.
Il segnale rialzista su Bitcoin: cosa sta succedendo davvero
Un modello quantitativo molto seguito dagli analisti on-chain ha generato un segnale che, storicamente, ha anticipato con alta probabilità l’avvio di un forte rialzo di Bitcoin. Secondo questa lettura, esisterebbe una probabilità prossima al 96% che Bitcoin non solo recuperi i prezzi persi, ma aggiorni i propri massimi storici nei prossimi anni.
L’ultima volta che questo segnale si è attivato, Bitcoin ha registrato un incremento di oltre tre cifre percentuali, confermando l’utilità dell’indicatore come strumento di supporto alle decisioni di investimento. L’aspetto interessante è che il segnale non scatta in presenza di euforia, ma in fasi di paura, vendite forzate e pessimismo diffuso, proprio come avvenuto dopo il recente affondo verso l’area degli 84.000 dollari.
Per l’investitore che osserva i grafici, il messaggio è chiaro: la discesa ha creato un contesto in cui il rapporto rischio/rendimento di medio periodo su Bitcoin si presenta più favorevole rispetto ai mesi in cui il prezzo viaggiava vicino ai massimi assoluti.
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Dai minimi del 2015, 2018 e 2022 ai livelli attuali
Le metriche di ipervenduto oggi osservate su Bitcoin ricordano molto i livelli toccati nei minimi del 2015, del 2018 e del 2022, anni associati ai fondi delle cosiddette “crypto winter”. Allora, però, il prezzo di Bitcoin si muoveva su livelli decisamente inferiori: dai pochi centinaia di dollari delle prime fasi ai 3.000–4.000 dollari post 2018, fino alla fascia 15.000–20.000 dopo il crollo del 2022.
Oggi la situazione è diversa: ci troviamo in una zona di prezzo molto più elevata, ma con indicatori di sentiment e di forza relativa simili a quelli dei vecchi minimi. Questo scenario suggerisce che il mercato non stia chiudendo un super ciclo, bensì attraversando una correzione profonda ma interna a un trend di lungo periodo ancora rialzista.
Per chi pianifica i propri investimenti in Bitcoin, questo significa che il focus dovrebbe spostarsi dall’ossessione per il “prezzo perfetto d’ingresso” alla costruzione di una strategia sostenibile sul medio-lungo termine, sapendo che i segnali storici parlano di un potenziale “local bottom” più che di un massimo definitivo.
Vanguard, Banguard, Bank of America: perché gli istituzionali si espongono ora
La svolta dei grandi asset manager è uno degli aspetti più rilevanti per capire dove potrebbe andare il mercato crypto nei prossimi anni. Vanguard, secondo gestore di asset al mondo, per anni ha mantenuto una posizione estremamente prudente su Bitcoin e sugli strumenti legati a crypto asset, arrivando persino a bloccare alcune forme di esposizione diretta ai propri clienti.
Il cambio di linea strategica, con l’apertura verso prodotti collegati a Bitcoin, arriva non ai massimi, ma dopo una correzione severa. In parallelo, Bank of America consente ai clienti wealth di includere esposizioni crypto in portafoglio, mentre altri grandi player come JP Morgan hanno avviato percorsi simili. Nel dibattito online compare persino il termine “Banguard”, usato da alcuni commentatori per indicare in modo ironico o distorto l’asse tra grandi gestori e banche che si muovono con tempismo quasi coordinato.
Per l’investitore questo è un segnale importante: quando le istituzioni entrano con decisione su un asset, tendono a farlo in fasi di debolezza, non di euforia. L’obiettivo è accumulare a prezzi interessanti, per poi mostrare performance brillanti ai clienti quando il ciclo torna rialzista. Il fatto che ciò avvenga mentre molti retail vendono conferma ancora una volta la differenza di approccio fra capitali pazienti e capitali emotivi.
ETF, liquidità e struttura del mercato crypto
Il ruolo degli ETF su Bitcoin e Ethereum è ormai centrale. I flussi di capitale mostrano giornate con deflussi da alcuni emittenti e influssi da altri, ma il quadro complessivo resta quello di un’infrastruttura che rende sempre più semplice l’accesso a Bitcoin per investitori tradizionali.
In parallelo, i nuovi ETF su XRP hanno registrato diversi giorni consecutivi di flussi positivi, segno che una parte del capitale istituzionale sta iniziando a diversificare l’esposizione anche su altre crypto oltre a Bitcoin ed Ethereum. Per l’ecosistema nel suo complesso, questo significa maggiore profondità di mercato, più strumenti per gli investitori e una liquidità complessivamente più stabile nel tempo.
La presenza degli ETF modifica anche la dinamica delle correzioni: l’entrata e l’uscita di capitali tramite strumenti quotati su mercati regolamentati crea pattern diversi rispetto al passato, in cui la maggior parte delle transazioni avveniva solo sugli exchange crypto. Per chi investe, tenere d’occhio i flussi sugli ETF diventa quasi obbligatorio quanto seguire il grafico del prezzo spot.
Analisi on-chain: offerta in calo e crescita della domanda strutturale
Uno dei dati più forti a supporto di una prospettiva rialzista su Bitcoin riguarda le riserve di BTC detenute sugli exchange centralizzati. La quantità di Bitcoin disponibile per la vendita immediata è scesa su nuovi minimi storici, segnale evidente che molti investitori stanno spostando le proprie monete verso wallet di custodia a lungo termine.
A questo si somma la continua attività di DCA (Dollar Cost Averaging) da parte sia di soggetti retail sia di società quotate e family office che acquistano Bitcoin a intervalli regolari. Ogni acquisto di lungo periodo riduce ulteriormente la supply disponibile, accentuando il classico schema di un asset a offerta limitata in presenza di domanda crescente.
Dal punto di vista degli investimenti, questo crea un contesto in cui ogni nuova ondata di interesse – ad esempio spinta da notizie positive, allentamento delle condizioni monetarie o nuove approvazioni regolamentari – può generare movimenti di prezzo molto rapidi, perché la quantità di BTC realmente vendibile sul mercato è sempre più contenuta.
Ethereum e altcoin: tra accumulo istituzionale e occasioni selettive
Mentre l’attenzione mediatica resta concentrata su Bitcoin, sullo sfondo si sta muovendo in modo deciso anche Ethereum. Fondi di grandi dimensioni stanno accumulando ETH su scala miliardaria, arrivando a gestire portafogli nell’ordine di oltre 10 miliardi di dollari in Ethereum. Se il prezzo dovesse tornare sui massimi precedenti o superarli, quei portafogli potrebbero raddoppiare o triplicare di valore, confermando la logica di accumulo graduale in fasi di debolezza.
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Le altcoin, invece, offrono un quadro più complesso. Molti token sono tornati su livelli di prezzo paragonabili al 2020 o addirittura al 2018, segnando ribassi del 50% o più dai massimi recenti. In diversi casi la causa non è un peggioramento radicale dei fondamentali, ma il crollo della fiducia retail, che tende a fuggire quando i prezzi scendono e a tornare solo quando la stagione delle altcoin è già in corso.
Per l’investitore italiano attento al rischio, questo scenario può trasformarsi in un set di occasioni selettive. Ha però senso ragionare con grande prudenza: concentrarsi su progetti con reale utilizzo, liquidità sufficiente e sviluppo attivo, invece di inseguire la semplice narrativa speculativa. In questo segmento la diversificazione e il position sizing diventano ancora più cruciali rispetto a Bitcoin ed Ethereum.
Short squeeze, liquidazioni e velocità dei recuperi
Le piattaforme di derivati mostrano un accumulo imponente di posizioni short a leva su Bitcoin, pronte a essere liquidate qualora il prezzo dovesse tornare verso l’area dei 97.000–100.000 dollari. Si parla di un valore complessivo superiore ai 10 miliardi di dollari in contratti che potrebbero saltare in sequenza, generando un effetto a catena.
Quando questo tipo di short squeeze si attiva, la storia recente delle crypto dimostra che i rialzi possono essere molto più rapidi delle discese. Due mesi di selloff possono essere recuperati nel giro di poche settimane, riportando il prezzo non solo ai livelli pre-crash, ma spesso oltre.
Per gli investitori questo significa che restare completamente fuori dal mercato in attesa del “minimo perfetto” espone al rischio di vedere partire il movimento rialzista senza avere alcuna posizione aperta, con la tentazione di rientrare poi in forte ritardo, quando una parte importante del rialzo è già stata consumata.
Strategie operative per investitori italiani su Bitcoin e crypto
Data la natura altamente volatile di Bitcoin e delle altcoin, l’approccio più sensato per molti investitori resta quello basato su una quota definita di portafoglio destinata a crypto asset, calibrata sul proprio profilo di rischio, affiancata ad acquisti dilazionati nel tempo tramite DCA, in modo da ridurre l’impatto delle oscillazioni di breve periodo, con attenzione primaria a Bitcoin ed Ethereum, e un’eventuale quota minoritaria su altcoin selezionate e liquide.
Un altro elemento chiave è la gestione psicologica: chi investe in criptovalute deve accettare la possibilità di drawdown anche molto profondi, sapendo che i cicli storici hanno sempre alternato fasi di euforia e panico estremo. Farsi guidare dal sentiment del momento porta spesso a comprare tardi e vendere troppo presto, l’esatto opposto di ciò che richiede una strategia di investimento coerente.
In sintesi: bull run possibile, ma serve metodo
Le condizioni attuali del mercato crypto mostrano un mix interessante: Bitcoin in zona di ipervenduto storicamente compatibile con minimi ciclici, Vanguard e grandi banche come Bank of America che aprono alle crypto, riserve di BTC sugli exchange in calo strutturale, forti accumuli di Ethereum da parte di fondi e numerose altcoin su livelli che riflettono la paura, non necessariamente il valore reale.
Il segnale statistico che storicamente ha anticipato una forte bull run di Bitcoin ha iniziato a lampeggiare di nuovo, e questo non andrebbe ignorato da chi ragiona con orizzonte 2025–2026. Per sfruttare al meglio questa fase, serve però un approccio disciplinato: definire una strategia, rispettarla, accettare la volatilità e non farsi guidare dalla narrativa del giorno.
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