3 Ottobre, 2025
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    Come InvestireIl Mercato Crollerà Ancora! Cosa Insegna la Storia agli Investitori

    Il Mercato Crollerà Ancora! Cosa Insegna la Storia agli Investitori

    Il Mercato Crollerà Ancora! Cosa Insegna la Storia agli Investitori

    Parlare di crolli di mercato non significa fare allarmismo. È un esercizio di realismo basato sui dati.

    Dal 1870 a oggi, il mercato azionario americano ha vissuto 19 crolli storici con perdite superiori al -20%, valore che segna convenzionalmente l’ingresso in un mercato ribassista. Statisticamente, questo significa che un drawdown significativo si verifica in media ogni 7-9 anni. Ecco perché l’ipotesi di un 20° crollo non è una possibilità remota, ma una conseguenza ciclica dell’andamento naturale dei mercati.

    Nel tempo, questi eventi si sono manifestati in momenti molto diversi tra loro: guerre, pandemie, crisi energetiche, bolle speculative, recessioni economiche. Le cause cambiano, ma la dinamica si ripete: euforia, sopravvalutazione, innesco esterno e poi la discesa.

    Oggi ci troviamo in una fase di mercato dove molti indicatori macroeconomici sono sotto osservazione: inflazione persistente, tassi d’interesse elevati, tensioni geopolitiche e valutazioni elevate di alcuni comparti azionari potrebbero rappresentare elementi di fragilità. Ma, come sempre, non è possibile sapere quando accadrà il prossimo crollo, né quale sarà il fattore scatenante.

    Ciò che però è certo è che prima o poi accadrà, e solo chi ha compreso questa regolarità storica potrà affrontarlo con lucidità e senza farsi travolgere dalle emozioni.

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    I 3 crolli più devastanti della storia

    I 3 crolli più devastanti della storia

    1. Il crollo del 1929 – La Grande Depressione

    È considerato il peggiore della storia: l’indice principale perse fino al -79%. Le conseguenze economiche e sociali furono talmente gravi da cambiare radicalmente il modo in cui il mondo guardava alla finanza. È questo l’evento a cui si fa riferimento per definire il massimo grado di “dolore” nel mercato.

    2. Il Decennio Perduto (2000-2010)

    Frutto della combinazione tra lo scoppio della bolla dot-com e la crisi finanziaria del 2008, ha rappresentato uno dei periodi più frustranti per gli investitori. I rendimenti sono rimasti negativi per un’intera decade, compromettendo la fiducia anche dei risparmiatori più pazienti.

    3. Gli anni ’70 – Inflazione, guerra e crisi politica

    Il periodo segnato da alta inflazione, la guerra del Vietnam e lo scandalo Watergate, portò a un calo di oltre -50%, consolidando la percezione che gli shock macroeconomici possono colpire duramente anche i mercati più maturi.

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    Non tutti i crolli sono uguali: durata, intensità e impatto emotivo

    Quando si parla di un crollo dei mercati, si tende a pensare solo alla percentuale di discesa. Ma la verità è che a fare la differenza sull’esperienza dell’investitore non è solo quanto si perde, ma anche per quanto tempo si resta in perdita.

    Un drawdown come quello del 2020, pur avendo toccato il -35%, è stato recuperato in meno di sei mesi grazie alla rapidità dell’intervento monetario e alla reazione positiva dei mercati. Questo lo ha reso meno traumatico rispetto ad altri crolli più lunghi, anche se meno profondi.

    Diverso è il caso del Decennio Perduto tra il 2000 e il 2010, dove gli investitori hanno dovuto affrontare un doppio shock: prima la bolla dot-com, poi la crisi finanziaria globale. In quel caso, il mercato ha impiegato oltre 10 anni per tornare ai massimi precedenti. L’impatto psicologico è stato devastante. Molti hanno abbandonato il mercato, realizzando le perdite e perdendo anche la ripresa successiva.

    Questa è la differenza tra un crollo breve e uno prolungato: il secondo ha il potere di intaccare la fiducia dell’investitore, condizionandolo per anni o portandolo a scelte controproducenti, come vendere nel momento peggiore o evitare di rientrare.

    Per valutare l’impatto complessivo di un crollo, Morningstar ha proposto un interessante indicatore chiamato “Pain Index“, che considera profondità, durata e ripresa. Il riferimento massimo resta il 1929, considerato il punto di massimo dolore per gli investitori. Altri eventi come il 2008 o gli anni ’70 si avvicinano, ma con intensità e modalità differenti.

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    La lezione fondamentale: i mercati si riprendono sempre

    Non esiste crisi che non sia stata seguita da una fase di ripresa, spesso ancora più potente del crollo stesso. È questo il messaggio che emerge in modo inequivocabile dallo studio di 150 anni di mercati: il capitale investito con costanza e lungimiranza è stato ampiamente premiato.

    Per rendere l’idea, basti pensare che un solo euro investito nel mercato azionario americano nel 1870, al netto dell’inflazione, oggi avrebbe raggiunto un valore superiore a 31.000 euro. Un risultato ottenuto non solo grazie all’andamento delle azioni, ma soprattutto grazie all’interesse composto e alla capacità dei mercati di assorbire ogni crisi.

    Certo, nessun investitore vive 150 anni. Ma il concetto chiave è un altro: anche con un orizzonte temporale di 20, 30 o 40 anni, chi ha mantenuto una posizione coerente, senza farsi travolgere dal panico, ha ottenuto rendimenti solidi e sostenibili.

    Questa è la logica della resilienza finanziaria: sapere che ogni crollo, per quanto doloroso, non è mai definitivo. E che nel lungo periodo, l’azionario ha sempre premiato la disciplina e la pazienza.

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    Il problema non è il crollo, ma arrivarci impreparati

    Quando si parla di rischi finanziari, il vero pericolo non è rappresentato dalla discesa dei mercati in sé. I crolli fanno parte del ciclo naturale dell’investimento azionario e, come abbiamo visto, sono eventi statisticamente inevitabili. Il punto critico, quello che determina la sopravvivenza o meno di un portafoglio (e spesso anche della serenità dell’investitore), è l’assenza di preparazione.

    Molti investitori, spinti dall’euforia di rendimenti crescenti, si espongono eccessivamente ai mercati senza tenere conto della propria reale tolleranza al rischio. Quando poi arriva un drawdown, reagiscono nel peggiore dei modi: vendono in perdita, smettono di investire, rinunciano ai piani di lungo periodo.

    La verità è che la gestione psicologica delle fasi negative è uno degli elementi più sottovalutati ma cruciali del successo finanziario. Anche il portafoglio più efficiente dal punto di vista teorico può fallire se chi lo gestisce non è in grado di sopportare le sue oscillazioni.

    Essere preparati significa quindi conoscere a fondo il proprio profilo di rischio, sapere quali scenari si possono affrontare nel tempo, e avere una strategia strutturata, costruita con coerenza e non sull’emotività del momento. Prepararsi non elimina il rischio, ma lo trasforma da minaccia a variabile controllata.

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    Strategie per costruire un portafoglio resiliente al prossimo crollo

    Strategie per costruire un portafoglio resiliente al prossimo crollo

    Un portafoglio realmente solido non si giudica solo dai rendimenti ottenuti durante le fasi di crescita, ma da come si comporta nei momenti di stress. Ecco perché è essenziale adottare una struttura capace di resistere anche agli shock più profondi senza costringere l’investitore a scelte impulsive.

    Il primo pilastro è la diversificazione reale: non solo tra asset (azioni, obbligazioni, liquidità), ma anche tra aree geografiche, settori economici e stili di investimento. Questo riduce l’impatto di eventi localizzati e distribuisce il rischio in modo più efficiente.

    Il secondo punto è la costruzione del portafoglio in base all’orizzonte temporale. Chi ha un obiettivo a 25 anni può tollerare una maggiore volatilità e puntare su una componente azionaria più aggressiva. Chi invece ha necessità più ravvicinate – come l’acquisto di una casa o l’inizio della pensione – dovrebbe preferire asset più difensivi, in grado di limitare le perdite nei momenti critici.

    Terzo aspetto, spesso trascurato, è la gestione della liquidità. Avere una quota sempre disponibile di capitale facilmente accessibile permette di non essere costretti a disinvestire nel momento sbagliato e offre flessibilità operativa, anche per cogliere opportunità di acquisto nei momenti di forte ribasso.

    Infine, l’integrazione di strumenti come ETF ben selezionati, che replicano mercati ampi e a basso costo, può aiutare a costruire un’esposizione efficiente e bilanciata, soprattutto per chi non ha il tempo o le competenze per analizzare singole azioni.

    In sintesi, un portafoglio pronto al prossimo crollo non è quello che evita le perdite a ogni costo, ma quello che consente di attraversarle senza compromettere l’intero piano finanziario.

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    Non serve prevedere il crollo, serve essere pronti a superarlo

    L’errore più comune tra gli investitori è cercare di prevedere il momento esatto in cui avverrà il prossimo crash. Ma il timing del mercato è, per definizione, un esercizio fallimentare: nessuno, nemmeno i gestori più esperti, riesce a prevedere con coerenza e precisione l’inizio o la fine di un crollo.

    Continuare a rincorrere segnali o notizie nella speranza di anticipare il mercato porta soltanto a ritardi nelle decisioni, errori emotivi e rendimento inferiore rispetto a un approccio coerente e pianificato.

    Molto più saggio è concentrarsi su ciò che si può realmente controllare: asset allocation, gestione del rischio, costanza nei versamenti, disciplina nell’esecuzione della strategia.

    La vera domanda che ogni investitore dovrebbe porsi non è: “Quando arriverà il prossimo crollo?“, ma piuttosto: “Il mio portafoglio è pronto ad affrontarlo? E io, come reagirò quando accadrà?

    Prepararsi mentalmente significa sapere che le perdite temporanee fanno parte del percorso, e che reagire con lucidità durante i momenti difficili è ciò che distingue gli investitori di successo da quelli che si arrendono.

    In un mondo finanziario in continua evoluzione, la stabilità non si trova nel prevedere l’incertezza, ma nel costruire una strategia capace di assorbirla senza spezzarsi.

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    Amministratore e CEO del portale www.doveinvestire.com, Simone Mordenti è anche analista finanziario, trader con oltre 25 anni di esperienza. Classe 1974, si avvicina al mondo del trading, ed in particolare agli investimenti su indici di borsa e azioni, grazie all’affiancamento di esperti del settore. Una forte passione per le scienze statistiche e l’analisi tecnica sui mercati finanziari, da diversi anni si occupa di giornalismo finanziario in diversi portali del settore, in veste di analista tecnico e trading advisor.
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