
Molti investitori alle prime armi si concentrano sulla scelta dei singoli titoli, senza dare la giusta importanza alla suddivisione del capitale tra diverse asset class. Eppure, le ricerche mostrano che proprio la corretta asset allocation è il principale fattore che determina il rendimento di lungo periodo di un portafoglio.
Parlare di asset allocation significa affrontare il cuore della strategia d’investimento. Non basta scegliere strumenti performanti o affidarsi ai trend del momento: senza un equilibrio solido tra le diverse asset class, anche i migliori titoli possono trasformarsi in un’arma a doppio taglio. La vera sfida consiste nel trovare il giusto mix tra crescita e stabilità, tra rendimento potenziale e protezione del capitale.
Ciò che rende l’argomento ancora più interessante è che non esiste una formula universale valida per tutti. Età, disponibilità economiche, tolleranza al rischio e obiettivi personali sono variabili che incidono profondamente sulle scelte da compiere. Ed è proprio questa complessità a rendere l’asset allocation un tema decisivo per chiunque desideri investire con metodo e disciplina.
Nei prossimi capitoli andremo a scoprire come distinguere opportunità e rischi delle azioni, il ruolo stabilizzatore delle obbligazioni, gli errori da evitare e le strategie pratiche per gestire il portafoglio nel tempo. Una guida concreta, pensata per chi vuole costruire basi solide ed evitare i passi falsi che troppo spesso compromettono i rendimenti a lungo termine.
In questo articolo analizzeremo nel dettaglio come stabilire la giusta combinazione di azioni e obbligazioni, come mantenerla nel tempo attraverso il ribilanciamento del portafoglio e quali approcci pratici adottare in base alla propria situazione personale.
- 1. Che cos’è l’asset allocation
- 2. Investire il 100% in azioni: per chi è davvero adatto?
- 3. Investire in obbligazioni: stabilità e protezione
- 4. Fattori chiave per decidere la propria asset allocation
- 8. Esempio pratico di portafoglio bilanciato
- 9. Ribilanciamento del portafoglio: perché è essenziale
- 10. Approccio goal-based: portafogli per obiettivi
- 11. Asset allocation e contesto macroeconomico
- 12. Asset allocation: linee guida operative
- 13. In chiusura
- 14. Domande e Risposte (FAQ)
Che cos’è l’asset allocation
Per asset allocation si intende il processo con cui si distribuisce il capitale tra diverse classi di investimento, con l’obiettivo di bilanciare rischio e rendimento.
Nella pratica, le due categorie principali sono:
- Azioni, che offrono la possibilità di rendimenti elevati nel lungo periodo, ma con un’alta volatilità.
- Obbligazioni, che garantiscono maggiore stabilità e cedole periodiche, ma con rendimenti inferiori.
Il compito dell’investitore non è trovare la “formula magica”, bensì costruire un portafoglio bilanciato che rifletta le proprie esigenze, la propria capacità di rischio e il proprio orizzonte temporale.
Investire il 100% in azioni: per chi è davvero adatto?

L’idea di destinare l’intero capitale all’azionario è spesso affascinante: le azioni sono la classe di attivo che storicamente ha offerto i rendimenti più elevati sul lungo termine, superiori a obbligazioni, materie prime e liquidità. Tuttavia, questa scelta non è priva di rischi e non è adatta a tutti.
Benjamin Graham, padre del value investing, suggeriva di non superare il 75% di esposizione in azioni, salvo per una ristretta minoranza di investitori con caratteristiche particolari. Prima di valutare un portafoglio 100% azionario, occorre rispondere in modo realistico a domande cruciali:
- Disponibilità di liquidità: hai riserve sufficienti per coprire spese personali e familiari per almeno 12 mesi senza intaccare gli investimenti?
- Orizzonte temporale: sei in grado di mantenere i capitali investiti per almeno 15-20 anni senza necessità di prelievi anticipati?
- Esperienza nei ribassi: hai già vissuto periodi di crollo come il 2000, il 2008 o il 2020, riuscendo a mantenere le posizioni o addirittura ad acquistare durante le fasi di panico?
Se la risposta a tutte queste domande è “sì”, allora potresti avere i requisiti per reggere la volatilità di un portafoglio 100% azionario. Al contrario, se anche solo una risposta è negativa, questa strategia rischia di diventare insostenibile sul piano emotivo o finanziario.
Molti investitori sopravvalutano la propria resilienza: è facile immaginare di resistere a un ribasso teorico del 40%, ma vivere concretamente un calo di quel livello sul proprio capitale è ben diverso. La tentazione di vendere in perdita, spinti dalla paura, è molto più forte di quanto si possa credere.
Chi sceglie questa via dovrebbe attenersi ad alcune regole ferree:
- evitare di utilizzare capitale che potrebbe servire a breve termine;
- accettare la possibilità di lunghi periodi di sottoperformance;
- applicare con disciplina strategie di ribilanciamento portafoglio anche all’interno dell’azionario (es. tra settori, aree geografiche, fattori).
Solo un ristretto gruppo di investitori con forte stabilità economica, esperienza diretta nei mercati e assoluta capacità emotiva di sopportare i ribassi dovrebbe considerare il 100% in azioni come opzione strategica.
Investire in obbligazioni: stabilità e protezione

La componente obbligazionaria fornisce stabilità del portafoglio e contribuisce alla protezione del capitale nelle fasi in cui l’azionario soffre. I titoli a reddito fisso generano cedole e, a parità di scadenza e merito di credito, offrono una mappa di rischi più prevedibile rispetto alle azioni. La vera variabile da governare è la duration, cioè la sensibilità del prezzo ai movimenti dei tassi: a parità di tutto il resto, un aumento di 1 punto percentuale dei tassi può implicare una perdita approssimativa pari alla duration espressa in anni (regola pratica utile per farsi un’idea del rischio tassi).
Oltre al rischio tassi, esiste il rischio di credito: emittenti governativi core presentano rischi inferiori rispetto a corporate e high yield, che pagano spread più elevati per compensare la maggiore probabilità di default. La curva dei rendimenti aiuta a scegliere le scadenze: tratti brevi riducono volatilità e incertezza su tassi futuri, tratti lunghi amplificano l’esposizione ai movimenti dei rendimenti. In fase di rialzo dei tassi, duration contenuta e approccio graduale sugli acquisti possono limitare la volatilità di prezzo.
Per contrastare l’erosione del potere d’acquisto, strumenti indicizzati all’inflazione (es. governi inflation-linked) contribuiscono a mantenere reale il valore dei flussi. Un ETF obbligazionario diversificato riduce il rischio specifico dell’emittente, mentre una miscela di governativi investment grade, corporate solidi e una piccola quota ad alto rendimento (se coerente con il profilo) offre un compromesso tra rendimento e stabilità.
Restano fondamentali costi (TER), liquidità degli strumenti e valutazione del rating medio in portafoglio. Così strutturata, la gamba obbligazionaria svolge il proprio ruolo di contrappeso alla volatilità azionaria, migliorando la tenuta del portafoglio bilanciato nelle fasi complesse.
Fattori chiave per decidere la propria asset allocation

Definire la asset allocation richiede di integrare tre dimensioni, ciascuna con impatti specifici sul profilo rischio/rendimento:
Tolleranza al rischio (dimensione comportamentale)
Riguarda la reazione emotiva alle oscillazioni. Chi tende a preoccuparsi troppo durante i ribassi dovrebbe limitare la quota azionaria e privilegiare una struttura più difensiva. Una buona prassi è simulare scenari: “Se il portafoglio perde il 20% in 6 mesi, resto fedele al piano?” Risposte oneste aiutano a evitare errori tattici.
Capacità di rischio (dimensione finanziaria)
Dipende da reddito, stabilità lavorativa, patrimonio liquido e orizzonte temporale. Maggiore capacità consente una quota azionaria più ampia. Chi potrebbe dover prelevare entro 2–3 anni dovrebbe ridurre l’esposizione a asset volatili, così da non essere costretto a vendere in perdita.
Necessità di rischio (dimensione obiettivi)
Se la distanza tra patrimonio attuale e obiettivo è ampia, serve un rendimento atteso più elevato, che tipicamente richiede maggior peso azionario. Se gli obiettivi sono già a portata, ha senso rallentare e salvaguardare il capitale. La regola del 100* meno l’età è un utile riferimento iniziale, ma va adattata: situazioni patrimoniali, esigenze familiari e resilienza psicologica impongono scostamenti consapevoli.
Per dare concretezza, conviene definire un range di asset allocation (es. azioni 60–70%, obbligazioni 30–40%) entro cui muoversi, così da ribilanciare in modo ordinato quando i pesi escono dal corridoio. Stabilire sin dall’inizio soglie di ribilanciamento e frequenza di controllo riduce le decisioni impulsive e favorisce disciplina operativa.
* La regola del “100 meno l’età”
È una delle formule più note e prevede di calcolare la quota azionaria sottraendo la propria età a 100. Un investitore di 30 anni, ad esempio, potrebbe costruire un portafoglio con 70% azioni e 30% obbligazioni.
Questa regola ha il pregio della semplicità, ma non può sostituire un’analisi personalizzata. Ci sono giovani con bassa tolleranza al rischio che preferiscono maggiore stabilità e, al contrario, investitori maturi con redditi elevati che possono sostenere una quota azionaria più alta.
Esempio pratico di portafoglio bilanciato

Immaginiamo un capitale di 100.000 €, orizzonte di 20 anni e profilo intermedio. Un portafoglio bilanciato può essere costruito con una logica core/satellite, mantenendo costi contenuti e ampia diversificazione.
Core azionario globale (60%)
Un ETF azionario globale a replica ampia che copra mercati sviluppati ed emergenti. La diversificazione geografica e settoriale riduce il rischio specifico di singoli Paesi o industrie. Un eventuale tilt fattoriale (es. qualità o value) può essere valutato come parte satellite per migliorare la robustezza agli shock.
Core obbligazionario diversificato (40%)
Un ETF obbligazionario investment grade con durata intermedia, composto da governativi e corporate di elevato merito di credito. In presenza di inflazione elevata o incertezza sui prezzi al consumo, si può prevedere una quota di inflation-linked all’interno del 40%, mantenendo la duration coerente con la propria sensibilità al rischio tassi.
Questa struttura consente di investire in azioni per la crescita attesa e investire in obbligazioni per stabilizzare il percorso, contenendo la volatilità complessiva.
Per la gestione ordinaria, definire ribilanciamento portafoglio annuale o al superamento di ±5 punti percentuali dai target (es. azioni 60% con soglia 55–65%) aiuta a riportare i pesi in linea, vendendo l’asset “vincente” e comprando quello “indietro”. In presenza di nuovi flussi periodici (PAC mensile o trimestrale), il ribilanciamento può avvenire in modo “soft”, destinando i versamenti alla parte sottopesata senza generare realizzi.
Aspetti aggiuntivi che rendono la struttura più solida:
- Cuscinetto di liquidità separato per spese impreviste (3–6 mesi di uscite), così da non toccare il portafoglio durante i ribassi.
- Scelta tra ETF ad accumulazione o distribuzione in base a preferenze di reinvestimento e profilo fiscale.
- Controllo costi: prediligere strumenti con TER competitivo e buona liquidità riduce il trascinamento dei rendimenti.
- Sostenibilità operativa: poche linee core semplificano monitoraggio e ribilanciamento, diminuendo la tentazione di fare mosse tattiche frequenti.
Con un perimetro di regole semplice e chiaro—pesi target, corridoi di tolleranza, calendario di verifica—l’investitore evita decisioni emotive e mette la probabilità dalla propria parte.
Un portafoglio bilanciato ben progettato non promette di azzeccare i minimi e i massimi, ma massimizza le chance di raggiungere gli obiettivi con un profilo di rischio coerente e gestibile.
Ribilanciamento del portafoglio: perché è essenziale
Con il tempo, i mercati modificano il peso relativo delle asset class. Se le azioni crescono molto, la quota azionaria può diventare troppo alta, aumentando il rischio.
Il ribilanciamento del portafoglio serve a riportare la composizione ai livelli desiderati.
Ad esempio, un portafoglio 80% azioni e 20% obbligazioni che diventa 90/10 dopo una fase di rialzo richiede un intervento: vendere parte delle azioni o destinare nuovi capitali alle obbligazioni.
Un controllo annuale o al superamento di determinate soglie è un approccio efficace. Questo processo mantiene il rischio sotto controllo e impedisce concentrazioni eccessive in un’unica asset class.
Approccio goal-based: portafogli per obiettivi
Un’alternativa interessante è costruire portafogli separati per ogni obiettivo:
- obiettivi a breve termine → prevalenza obbligazioni e liquidità,
- obiettivi a medio termine → portafoglio misto,
- obiettivi a lungo termine → portafoglio più aggressivo con maggioranza di azioni.
Questo metodo, chiamato goal-based investing, consente maggiore personalizzazione, ma rischia di sacrificare rendimento complessivo se alcuni portafogli risultano troppo conservativi.
Asset allocation e contesto macroeconomico
Il contesto di mercato influenza le scelte. Con tassi di interesse vicini allo zero, per esempio, il rischio di perdite sulle obbligazioni in caso di rialzo è molto elevato.
Non si tratta di fare market timing, bensì di avere consapevolezza delle condizioni di partenza.
Un portafoglio costruito senza considerare il quadro macroeconomico rischia di essere squilibrato e poco efficace nel medio periodo.
Asset allocation: linee guida operative

L’asset allocation non è una regola rigida, ma un insieme di principi che aiutano a mantenere equilibrio e disciplina. Le scelte personali contano, ma alcune linee guida possono orientare chi costruisce un portafoglio solido:
Personalizzazione della strategia
Le regole generali, come la formula del “100 meno l’età” o l’approccio goal-based, sono utili punti di partenza ma devono essere adattate alla realtà individuale. Patrimonio disponibile, obblighi finanziari e tolleranza psicologica devono guidare la definizione delle percentuali.
Ribilanciamento costante
Anche la migliore allocazione iniziale perde equilibrio col tempo. Le azioni tendono a crescere più rapidamente, alterando il peso relativo e il rischio del portafoglio. Programmare un ribilanciamento periodico (annuale o al superamento di soglie prestabilite) mantiene il rischio sotto controllo e riduce il pericolo di concentrazioni eccessive.
Consapevolezza del contesto di mercato
Non si tratta di fare market timing, ma di capire in quale ambiente si sta investendo. Con tassi molto bassi, le obbligazioni sono più vulnerabili; con inflazione elevata, strumenti indicizzati diventano preziosi. Ignorare il quadro macroeconomico può portare a decisioni inefficaci o a esposizioni sbilanciate.
Sostenibilità nel tempo
Un portafoglio funziona solo se l’investitore riesce a mantenerlo senza ansia eccessiva. Meglio un’allocazione leggermente più conservativa ma sostenibile, che una struttura troppo aggressiva che porta a vendite impulsive nei momenti peggiori.
Queste linee guida rendono chiaro che l’asset allocation non è un esercizio teorico, ma un processo pratico che deve evolvere insieme alla vita dell’investitore, ai suoi obiettivi e al contesto dei mercati.
In chiusura
La costruzione di un portafoglio bilanciato passa inevitabilmente dalla definizione accurata dell’asset allocation. Non esiste un modello unico valido per tutti: ogni investitore deve valutare obiettivi, orizzonte temporale, capacità di rischio e resilienza emotiva.
Le azioni sono indispensabili per la crescita del capitale, ma devono essere dosate con attenzione per evitare che la volatilità comprometta il percorso. Le obbligazioni svolgono un ruolo chiave nella stabilizzazione del portafoglio, pur con i limiti legati a inflazione e tassi di interesse.
Tre principi restano imprescindibili:
- personalizzare la propria strategia, evitando approcci standardizzati;
- ribilanciare periodicamente per mantenere il rischio sotto controllo;
- restare consapevoli del contesto in cui si investe, adattando le scelte alle condizioni macro e ai propri obiettivi.
Un investitore che rispetta queste regole si mette nelle condizioni migliori per gestire con disciplina i propri risparmi, proteggere il capitale e costruire rendimento nel tempo. La differenza non la fa la ricerca della percentuale “perfetta” tra azioni e obbligazioni, ma la capacità di restare coerenti e disciplinati nel lungo periodo.
Domande e Risposte (FAQ)

Qual è la migliore asset allocation per un investitore principiante?
Per chi inizia a investire, un portafoglio bilanciato con una quota maggiore di obbligazioni riduce la volatilità. Un esempio comune è il 60% in obbligazioni e il 40% in azioni.
È meglio investire il 100% in azioni?
Solo chi ha un orizzonte di almeno 15-20 anni, una buona tolleranza al rischio e liquidità separata per le spese può considerare questa scelta. Per la maggior parte degli investitori è troppo rischiosa.
Quanto spesso bisogna fare il ribilanciamento del portafoglio?
Di norma una volta l’anno o quando la percentuale di azioni e obbligazioni si discosta di oltre il 5% dal target stabilito. Questo mantiene stabile il rischio.
Investire in obbligazioni oggi è ancora utile?
Sì, le obbligazioni restano fondamentali per dare stabilità e protezione al portafoglio, anche se i rendimenti possono variare in base ai tassi di interesse.
Qual è la differenza tra investire in azioni ed ETF azionari?
Comprare singole azioni significa puntare su poche aziende, mentre un ETF azionario diversifica automaticamente su centinaia di titoli riducendo il rischio specifico.
Come capire la mia tolleranza al rischio?
Chiediti come reagiresti a una perdita temporanea del 20% del portafoglio. Se la risposta è vendere subito, meglio aumentare la quota obbligazionaria.
Le regole “100 meno l’età” per l’asset allocation sono valide?
Sono un punto di partenza utile, ma troppo semplicistico. Ogni investitore deve personalizzare la propria strategia in base a obiettivi, reddito e capacità di rischio.
Conviene fare un portafoglio con ETF obbligazionari o titoli di Stato italiani?
Gli ETF obbligazionari offrono diversificazione internazionale e riducono il rischio di un singolo emittente. I titoli di Stato italiani possono far parte del portafoglio, ma non dovrebbero essere l’unica scelta.
Meglio investire tutto subito o con un piano di accumulo?
Un piano di accumulo (PAC) aiuta a ridurre il rischio di entrare sul mercato in un momento sfavorevole. È una strategia consigliata soprattutto per chi inizia.
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