Una delle previsioni più discusse degli ultimi giorni arriva direttamente da Morgan Stanley, che lancia un segnale d’allarme per il dollaro USA: nei prossimi dodici mesi, la valuta statunitense potrebbe perdere fino al 9% del suo valore. Si tratta di una prospettiva che sta già spingendo analisti, investitori retail e istituzionali a rivedere i propri portafogli.
Questa proiezione non nasce da un improvviso crollo della fiducia verso gli Stati Uniti o da una crisi del sistema finanziario. Al contrario, la previsione parte da un’analisi tecnica e macroeconomica che coinvolge elementi come la copertura valutaria degli investitori stranieri, l’evoluzione dei tassi Fed e l’andamento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine.
Chi investe in dollari o ha esposizioni a strumenti finanziari denominati in USD non può ignorare questo scenario. Approfondire cosa c’è dietro queste previsioni può fare la differenza tra una strategia prudente e una posizione scoperta nei confronti di una valuta che potrebbe entrare in una fase di debolezza tecnica prolungata.

Perché Morgan Stanley prevede un calo del dollaro USA
Il team di ricerca di Morgan Stanley ha messo in evidenza un cambio di comportamento da parte degli investitori internazionali: senza vendere direttamente asset denominati in dollari, molti stanno aumentando i livelli di copertura valutaria sui loro portafogli. Questo passaggio tecnico implica operazioni sul mercato dei derivati che generano una pressione ribassista sul dollaro USA.
Questa mossa nasce dalla necessità di ridurre il rischio cambio su investimenti in asset americani, come le azioni dell’indice S&P 500 o i titoli del Tesoro. In sostanza, chi investe fuori dagli Stati Uniti vuole proteggersi da un possibile calo della valuta di riferimento, senza però disimpegnarsi dagli asset che, al contrario, continuano ad attrarre capitali.
Questa strategia di hedging valutario rappresenta un fattore sottovalutato, ma cruciale per comprendere le dinamiche valutarie attuali.
Copertura valutaria e flussi di capitale: un effetto domino sul dollaro
Aumentare la copertura valutaria significa vendere indirettamente dollari per acquistare contratti future, swap o altri strumenti derivati in valuta locale. È un’operazione invisibile all’occhio poco esperto, ma che ha impatti reali sull’equilibrio domanda-offerta del biglietto verde.
Secondo Morgan Stanley, questo comportamento è destinato a intensificarsi nei prossimi mesi, contribuendo in modo determinante al calo del dollaro USA. Non si tratta quindi di un semplice disinteresse per gli asset americani, ma di una gestione più efficiente e prudente del rischio di cambio da parte degli investitori globali.
Tassi Fed e curva dei rendimenti: il secondo fronte del ribasso
Il secondo pilastro dell’analisi riguarda le aspettative sui tassi Fed. Morgan Stanley si aspetta che la Federal Reserve avvii un ciclo di tagli a partire dal 2026, con una riduzione complessiva di 175 punti base. Questo scenario è ben più aggressivo rispetto a quanto attualmente prezzato dal mercato.
La conseguenza diretta sarebbe una forte variazione nella curva dei rendimenti: i tassi a breve calerebbero, mentre quelli a lungo potrebbero rimanere più stabili, dando origine a un forte steepening. Questa configurazione tecnica tende a verificarsi in contesti di politica monetaria espansiva e riflette una maggiore aspettativa di crescita futura dopo una fase di rallentamento.
Storicamente, periodi simili sono stati accompagnati da una debolezza del dollaro USA, che si è tradotta in una perdita di valore sul mercato valutario. Un contesto ideale per gli investitori che operano in valute estere o che intendono approfittare di un posizionamento short sul dollaro.
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Il contesto macroeconomico e le scelte degli investitori istituzionali
L’analisi di Morgan Stanley prende in considerazione anche il comportamento dei grandi gestori globali. L’aumento della copertura valutaria non è soltanto una questione tecnica, ma anche un riflesso delle preoccupazioni geopolitiche e delle incertezze sulla futura politica monetaria statunitense.
Nel contesto attuale, anche piccoli movimenti nei flussi di capitale possono innescare reazioni a catena, in particolare su valute fortemente esposte come il dollaro USA. Il ruolo dominante che il biglietto verde ha ricoperto finora non è in discussione, ma è evidente che si stia aprendo una nuova fase in cui la gestione valutaria sarà decisiva per i ritorni reali degli investitori globali.
Cosa dovrebbe fare chi investe oggi
Chi ha esposizioni dirette o indirette sul dollaro USA dovrebbe valutare l’opportunità di integrare strumenti di copertura valutaria nella propria strategia. Anche chi investe in ETF globali o obbligazioni statunitensi potrebbe trarre vantaggio da una maggiore attenzione alla componente valutaria.
In parallelo, i trader e gli investitori più esperti potrebbero considerare scenari ribassisti strutturati sul dollaro, sfruttando strumenti come opzioni, CFD o future, laddove la loro tolleranza al rischio lo consenta.
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