Un attacco a sorpresa da parte di Israele contro impianti nucleari iraniani ha riacceso le tensioni geopolitiche in Medio Oriente, portando i mercati finanziari su un terreno instabile. Il petrolio è subito balzato verso l’alto, mentre gli indici azionari hanno mostrato segni di debolezza. Ma cosa aspettarsi nei prossimi giorni? E davvero il prezzo del greggio potrebbe arrivare a 100 dollari al barile?
A fare chiarezza è Sam Stovall, Chief Investment Strategist di CFRA, che ha offerto una lettura dettagliata della situazione attuale e delle possibili ripercussioni sui mercati globali.
Tensione tra Israele e Iran: perché i mercati non hanno reagito con panico
La prima osservazione di Stovall è sorprendente: i futures sugli indici azionari non sono crollati come ci si sarebbe aspettati dopo un’azione militare di tale portata. Secondo l’analista, gli investitori sono ormai abituati a vedere “shock geopolitici” come eventi rapidi e circoscritti, con un impatto limitato nel tempo.
Ciò che pesa è l’incertezza legata a una possibile reazione iraniana, in particolare la chiusura dello Stretto di Hormuz, snodo cruciale per il transito del petrolio mondiale. Uno scenario del genere potrebbe far schizzare il prezzo del greggio ben oltre i 100 dollari, ma al momento questo rimane uno scenario di coda, non la base centrale delle previsioni.
Le previsioni sul petrolio: rischio rialzo ma scenario base invariato
Nonostante le tensioni, CFRA mantiene la propria previsione base a 65 dollari al barile per il 2025, pur riconoscendo la possibilità di una pressione al rialzo nei prossimi mesi.
Secondo Stovall, il mercato sta ancora scontando un contesto in cui:
- La domanda resta relativamente stabile;
- Le capacità di produzione extra da parte dei paesi non OPEC (circa 1,3 milioni di barili al giorno) potrebbero compensare eventuali carenze da parte dell’Iran, che oggi esporta circa 1,5 milioni di barili al giorno.
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VIX e volatilità: un segnale che il mercato non teme un’escalation?
Il VIX, noto anche come l’indice della paura, è salito leggermente, ma rimane sotto quota 20. Un dato che sorprende, considerato l’evento scatenante. Per Stovall, questo riflette un sentiment complessivo che vede il conflitto come contenibile, senza implicazioni dirette sui fondamentali del mercato azionario.
Anche se ci sarà probabilmente una fase di consolidamento o lieve correzione, l’impianto di fondo del mercato resta rialzista.
La resilienza del mercato azionario: correzione temporanea o inizio di un’inversione?
Stovall ricorda che storicamente, dopo una correzione tra il 10% e il 20%, il mercato tende a recuperare in media un +10% nei quattro mesi successivi al ritorno al pareggio. Questo trend potrebbe ripetersi, suggerendo che le attuali pressioni siano un semplice “respiro” dopo la corsa degli ultimi mesi.
Tecnologia e comunicazioni: le opportunità nei settori più colpiti
Nonostante la pressione recente, CFRA mantiene una posizione sovrappesata sui settori della tecnologia e dei servizi di comunicazione. Entrambi hanno perso terreno tra febbraio e aprile, ma la storia insegna che i comparti più penalizzati tendono a rimbalzare con maggiore forza.
Le previsioni sugli utili per il settore tech sono tra le più rosee:
- +16% atteso nel 2025
- +18% nel 2026, rispetto al +13% stimato per l’intero mercato
Questi numeri rafforzano l’idea che la tecnologia possa continuare a trainare i rendimenti nei prossimi trimestri, nonostante le turbolenze geopolitiche.
Tassi d’interesse: occhi puntati sulla Fed
L’attenzione si sposta ora sul meeting di giugno della Federal Reserve, che includerà il nuovo Summary of Economic Projections. Sebbene il consenso indichi una politica monetaria ferma per il breve termine, i dati su inflazione (CPI e PCE) in rallentamento lasciano spazio all’ipotesi di un taglio dei tassi a settembre.
Stovall sottolinea che la Fed rimane data-driven, e le prossime settimane saranno cruciali per confermare questa traiettoria.
Conclusioni: tra rischi geopolitici e fondamentali solidi
Il quadro delineato da Sam Stovall invita a una prudente fiducia. L’attacco in Medio Oriente rappresenta un evento rilevante, ma non abbastanza da alterare in modo strutturale le dinamiche dei mercati globali.
Il rischio che il prezzo del petrolio tocchi i 100 dollari al barile esiste, ma resta legato a un’escalation estrema che – almeno per ora – sembra improbabile. Sul fronte azionario, dopo una possibile fase di consolidamento, la traiettoria resta orientata al rialzo, trainata dai settori tecnologici e comunicativi.
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