Il dato sull’inflazione Usa su base annuale è lievemente superiore alle aspettative, quello su base mensile in linea con le attese. Confermato il rallentamento delle pressioni inflazionistiche. Mercati azionari reagiscono poco al dato, poi virano in negativo.
Nel primo pomeriggio, il Bureau of Labour Statistics (BLS) ha pubblicato i dati sull’inflazione relativa al mese di gennaio negli Stati Uniti. Questi hanno mostrato che l’inflazione è risultata in rallentamento rispetto ai mesi precedenti.
L’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha evidenziato, su base annuale, un rialzo del 6,4%, nel mese di gennaio, superiore rispetto alle attese del mercato fissate al 6,2% (a dicembre +6,5%). Su base mensile il CPI è salito dello 0,5% (aspettative fissate per un +0,5%). L’indice core (ovvero esclusi energetici ed alimentari) ha mostrato una crescita del 5,6% (previsioni del mercato al 5,5%, a dicembre +5,7%). Su base mensile l’aumento dei prezzi core è stato pari allo 0,4%, stesso livello delle attese e del mese precedente.
Cifre macro non cambiano le prospettive sulle prossime mosse della FED
Il market mover di breve è stato il dato sui non farm payrolls che ha mostrato un mondo del lavoro statunitense molto forte con una ottima creazione di posti di lavoro e una salita costante dei salari che butterà ulteriore fuoco sulle pressioni inflazionistiche.
Il dato odierno sull’inflazione Usa di gennaio, nonostante abbia mostrato un rallentamento minore rispetto alle aspettative, non modifica l’outlook di breve sulle prossime mosse della Federal Reserve. Al momento il mercato sconta due possibili rialzi dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve di 25 punti base e un possibile taglio del costo del denaro a fine 2023. Le nostre aspettative sono più hawkish rispetto a quelle del mercato (3 rialzi da 25 pb nelle riunioni di marzo, maggio e giugno, e nessun taglio del costo del denaro nel 2023).
Reazione mercati, forti oscillazioni senza una precisa direzione poi virano in negativo
I mercati hanno reagito in modo confuso alla pubblicazione del dato visto che il dato odierno non cambia le prospettive sulle mosse di breve della FED.
Sarà necessario aspettare ulteriori dati (in particolare inflazione indice core PCE e NFP di febbraio) per avere maggiori input per determinare le scelte del FOMC di marzo. Tuttavia dopo un’ora dalla pubblicazione del dato tra gli investitori sembra aumentare il senso di pericolo legato a pressioni inflazionistiche che rimangono elevate (indici azionari in calo soprattutto quello tecnologico più sensibile alle azioni sui tassi, acquisti sul dollaro).
Commento di Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia
Profilo dell’analista
Filippo A. Diodovich, Market Strategist per IG, è un esperto di analisi fondamentale e tecnica, applicata ai mercati finanziari (azionari, valutari, obbligazionari, delle commodities e dei derivati).
Dopo aver conseguito una laurea in Economia Politica all’Università Bocconi di Milano inizia il proprio percorso professionale nel 2002 presso l’ufficio studi di una delle maggiori banche d’affari statunitensi per poi passare nel 2003 a lavorare per un’azienda italiana specializzata nell’utilizzo delle metodologie dell’analisi tecnica per valutare l’andamento delle piazze finanziarie. È entrato a far parte del team di IG nel 2012.