L’ascesa recente di tensioni finanziarie negli USA e gli indizi di una fine imminente del ciclo di inasprimento da parte della Federal Reserve danno adito alla prospettiva di una crescente divergenza economica tra gli Stati Uniti e il resto del globo. Per quanto concerne l’Europa, l’incognita principale riguarda la possibile divergenza nel ciclo dei rialzi e nella politica monetaria dell’Eurozona rispetto agli USA.
Nonostante le tensioni finanziarie possano costituire un ulteriore pericolo di decelerazione per la crescita europea, prevediamo l’attuazione di politiche positive per tutto l’anno, in combinazione con solidi fondamenti per consumatori e aziende. Considerando i segnali crescenti di un’inflazione elevata e sempre più radicata, pensiamo che la Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe avere la necessità di alzare i tassi per un periodo più lungo di quanto attualmente anticipato dal mercato. Di seguito, illustriamo i punti fondamentali che sostengono questa tesi.
Le tensioni finanziarie negli USA rappresentano un nuovo rischio al ribasso per la crescita dell’Eurozona
Fino a ora, l’effetto sulla fiducia dei consumatori e delle aziende europee, così come sui costi di finanziamento delle banche europee, sembra essere stato circoscritto. Tuttavia, entrambi i rischi devono essere attentamente monitorati. In primo luogo, una flessione della fiducia potrebbe ostacolare l’attuale riaccelerazione dei dati sulla crescita. In secondo luogo, un innalzamento dei costi di finanziamento potrebbe frenare l’espansione del credito nel settore privato che, su base annua, è diminuito dal 6%-7% del PIL al mese durante l’estate scorsa all’1% del PIL nel primo trimestre del 2023.
Le banche europee sembrano solide se comparate a quelle statunitensi
Nonostante sia necessario vigilare il rischio di un innalzamento delle tensioni finanziarie, le banche europee sembrano moderatamente solide rispetto a quelle statunitensi. Questo perché, dal lato delle passività di bilancio, in Europa la competizione per i depositi da parte dei fondi del mercato monetario è minore.
Per quanto riguarda le attività di bilancio, la maggiore solidità è dovuta al fatto che, al posto del sistema bancario, è stata la BCE a ridurre l’offerta dei titoli di Stato, assorbendo il 100% delle emissioni nette dei governi nell’ultimo decennio.
Una politica monetaria relativamente favorevole, unita ai fondamentali dei consumatori e delle imprese, sostiene la crescita dell’Eurozona
La politica monetaria sta registrando un inasprimento, ma non ha ancora raggiunto livelli estremamente restrittivi, mentre la politica fiscale rimane accomodante. Al contempo, i fondamentali dei consumatori e delle imprese mostrano una notevole solidità. La crescita del reddito nominale sta raggiungendo un livello record e ci aspettiamo che la crescita del reddito reale acceleri nel corso dell’anno, poiché l’inflazione a livello globale dovrebbe tornare verso il 3% entro la fine dell’anno. Anche la disoccupazione è ai minimi storici, mentre la redditività delle imprese è in aumento, poiché i margini stanno raggiungendo il livello più elevato registrato da prima della crisi del 2008. In breve, senza escludere i rischi al ribasso, i fondamentali indicano che la crescita potrebbe rivelarsi più resiliente di quanto ipotizzato dalle stime della BCE.
Un’inflazione “core” elevata e radicata
Sebbene l’inflazione “core” per l’Eurozona abbia raggiunto il picco a marzo (5,7%), le nostre proiezioni indicano che si rivelerà più ostinata di quanto previsto dalla BCE. Ciò è dovuto ai persistenti ed elevati aumenti dei prezzi nella componente “core” dei servizi e del livello record raggiunto dalla crescita salariale.
La nostra previsione per l’inflazione “core” per il 2023 e il 2024 è superiore alla proiezione della BCE di circa 0,5-0,6 punti percentuali. L’inflazione sta probabilmente diventando più radicata, come anche mostrato dalle aspettative di inflazione al consumo a tre anni, che a marzo hanno raggiunto quasi il 3%, nonostante la flessione dei prezzi dell’energia. In Europa, in confronto agli Stati Uniti, i dati inflazionistici rimangono sorprendentemente elevati, sia in relazione all’inflazione “core” che alla crescita salariale. Secondo le nostre stime, l’inflazione dell’Eurozona supererà quella media degli Stati Uniti e dei Paesi del G7 anche nei prossimi anni.
La BCE potrebbe mantenere i tassi a un livello più elevato e più a lungo, creando un rischio al rialzo per le previsioni del mercato
La decisione della BCE di rallentare il ritmo dei rialzi dei tassi d’interesse a 25 punti base nella riunione di maggio mostra una certa sensibilità al rallentamento della crescita del credito e ai rischi associati alle recenti tensioni finanziarie. Ciononostante, le sue stesse previsioni sono coerenti con un tasso terminale inferiore al 4% e i rischi legati a queste proiezioni ci sembrano sbilanciati verso l’alto.
Se le tensioni finanziarie dovessero intensificarsi, si verificherebbe un inasprimento delle condizioni finanziarie non determinato dalla politica monetaria. Tuttavia, in assenza di uno scenario così sfavorevole, è probabile che la BCE continui il proprio processo di normalizzazione dei tassi fino al prossimo autunno. Inoltre, i tassi reali suggeriscono l’esistenza di un rischio al rialzo in relazione all’entità dell’inasprimento che la BCE dovrà intraprendere.
Nel complesso, gli investitori dovrebbero prepararsi a una continuazione della divergenza, con implicazioni diverse per i prezzi degli asset dell’Eurozona rispetto a quelli del resto del mondo.
Autore: Eoin O’Callaghan, Macro Strategist presso Wellington Management
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