Nelle ultime settimane, un segnale sempre più evidente ha attirato l’attenzione di analisti, gestori e investitori di ogni livello: il costo dei credit default swap sul debito pubblico americano è salito in modo preoccupante. Questo aumento riflette un cambiamento profondo nella percezione del rischio sovrano statunitense, una situazione che fino a pochi anni fa sarebbe sembrata inconcepibile.
Parlare di default USA non è più un tabù teorico o una provocazione mediatica: è un tema che si sta facendo spazio nei portafogli degli investitori istituzionali, nelle strategie dei fondi hedge e persino tra i risparmiatori più attenti. I mercati non stanno semplicemente speculando. Stanno lanciando un segnale forte: la crisi fiscale americana è reale, concreta e, se non affrontata con misure credibili, potrebbe innescare turbolenze globali.
In questo approfondimento vedremo cosa sono i credit default swap, perché il loro prezzo è in crescita e quali sono le implicazioni concrete dell’aumento del debito pubblico americano. Analizzeremo anche il motivo per cui molti investitori stanno adottando strategie di protezione contro un potenziale fallimento tecnico degli Stati Uniti e perché il rischio di uno scenario del genere sta diventando meno marginale.

Cos’è un credit default swap e perché oggi tutti ne parlano
Un credit default swap (CDS) è un contratto derivato che funziona come una polizza assicurativa. Chi lo acquista si protegge contro l’insolvenza del debitore sottostante, che in questo caso è proprio il governo degli Stati Uniti. Se avviene un default sul debito pubblico, il venditore del CDS si impegna a rimborsare l’importo assicurato.
Quando il prezzo dei CDS aumenta, significa che il mercato percepisce un rischio di insolvenza più alto. E proprio questo sta accadendo oggi. Il costo per assicurarsi contro il default USA ha raggiunto livelli che non si vedevano dai tempi della crisi finanziaria del 2008, segno che il timore di una crisi fiscale americana non è solo teorico, ma ancorato a valutazioni reali dei fondamentali economici.
Debito pubblico USA: i numeri che preoccupano
Un deficit fuori scala
Durante l’esercizio fiscale 2024, il disavanzo federale ha toccato il 6,28% del PIL, un livello che in passato è stato superato solo in occasione della Seconda Guerra Mondiale. Ma oggi non ci sono eventi straordinari che possano giustificare una spesa pubblica così espansiva. Il problema è strutturale, e riguarda il modo in cui lo Stato americano gestisce le proprie entrate e uscite.
Rapporto debito/PIL sopra il 120%
Il debito pubblico degli Stati Uniti ha ormai superato il 120% del PIL, una soglia che mette seriamente in discussione la sostenibilità fiscale nel medio-lungo termine. Questo rapporto, che misura il peso dell’indebitamento rispetto alla dimensione dell’economia, riflette un equilibrio sempre più fragile, aggravato da politiche di spesa espansive e dalla difficoltà di ridurre il disavanzo.
Limiti strutturali alla pressione fiscale
Un altro dato chiave è la stabilità del gettito fiscale federale: da decenni oscilla tra il 15% e il 20% del PIL. Ciò significa che aumentare le tasse per coprire il deficit non è una soluzione efficace, perché rallenterebbe la crescita e, di conseguenza, ridurrebbe le entrate stesse. Questo vincolo rende ancora più difficile per il governo correggere la traiettoria del debito.
Perché un default tecnico è davvero possibile
Chi pensa che gli Stati Uniti non possano andare in default perché controllano la propria valuta ignora il funzionamento reale del sistema. È vero che il Tesoro americano può emettere titoli in dollari, ma non può creare moneta direttamente. La Federal Reserve gestisce la liquidità, ma ha limiti operativi e giuridici ben precisi. Ogni spesa deve essere autorizzata dal Congresso.
Se il Congresso non approva un aumento del tetto del debito o non ratifica una legge di bilancio, il governo può trovarsi nell’impossibilità legale di effettuare i pagamenti, anche quelli relativi agli interessi sul debito esistente. È quello che viene definito default tecnico: una sospensione temporanea dei pagamenti per motivi politici, non finanziari.
Ed è proprio questo scenario che i mercati iniziano a considerare plausibile, spingendo al rialzo il prezzo dei credit default swap sul debito USA.
Gli effetti di un default USA sul sistema finanziario
Ripercussioni sul costo del denaro
Un default, anche tecnico e temporaneo, provocherebbe una fuga dai Treasury, ovvero i titoli di Stato americani. Il risultato sarebbe un’impennata dei rendimenti, con conseguente aumento dei tassi di interesse per famiglie e imprese. Il credito diventerebbe più costoso e l’economia potrebbe entrare rapidamente in recessione.
Crollo della fiducia globale nel dollaro
Un evento simile comprometterebbe la reputazione del dollaro come valuta di riserva mondiale, spingendo investitori e banche centrali a diversificare le riserve in altri asset come oro, yuan, euro o criptovalute. Questo riorientamento ridurrebbe la domanda di debito americano e metterebbe ulteriore pressione sui conti pubblici.
Come si stanno proteggendo gli investitori dal rischio di default
Chi segue i mercati con attenzione sta già reagendo. Alcuni gestori stanno accumulando beni rifugio come oro fisico e Bitcoin, considerati strumenti di protezione contro l’inflazione e la perdita di fiducia nelle valute fiat. Altri utilizzano derivati come o strategie più complesse legate a eventi estremi, tra cui le cosiddette Black Swan Trades, progettate per sfruttare l’alta volatilità in situazioni fuori dal comune.
Chi dispone di capitali rilevanti sta anche ribilanciando i portafogli, aumentando l’esposizione su settori meno sensibili al ciclo economico o su mercati emergenti con fondamentali più solidi rispetto agli Stati Uniti.

Cosa aspettarsi: inflazione o default?
Se il default sarà evitato, lo scenario più probabile è quello di una riduzione del debito tramite inflazione. In questo contesto, il governo e la Federal Reserve potrebbero decidere di monetizzare il debito, aumentando la base monetaria e facendo salire i prezzi. Questo meccanismo, chiamato deleverage inflazionistico, riduce il peso reale del debito ma danneggia il potere d’acquisto e aumenta le disuguaglianze.
L’alternativa – un vero default – sarebbe ancor più traumatica e scatenerebbe una crisi sistemica con effetti imprevedibili. In entrambi i casi, però, gli investitori che hanno ignorato i segnali del mercato rischiano di trovarsi impreparati.
Prepararsi oggi è meglio che subire domani
Non è necessario credere che il default USA sia inevitabile per riconoscere che il rischio esiste ed è in crescita. Il prezzo dei credit default swap sul debito pubblico americano racconta una storia precisa: la fiducia nel bilancio statale è in declino. E quando la fiducia vacilla, i mercati non aspettano.
In questo contesto, la domanda giusta non è se il default accadrà o meno, ma come proteggere il proprio patrimonio nel caso in cui accada.
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