Negli ultimi dodici mesi, un segnale economico tra i più affidabili per prevedere le recessioni ha cominciato a mutare: la curva dei rendimenti USA sta uscendo dall’inversione. Storicamente, ogni volta che si è verificata questa dinamica, ha fatto seguito una recessione. Eppure, a metà 2025, l’economia americana sembra ancora solida. Ma per quanto ancora?
- 1. Curva dei rendimenti: il campanello d’allarme più efficace
- 2. Lo schema storico: inversione → recessione entro 12 mesi
- 3. Situazione attuale: la curva si sta normalizzando, ma la minaccia non è passata
- 5. La previsione: cosa aspettarsi entro la fine del 2025?
- 6. Strategia per gli investitori: tra gestione del rischio e opportunità
Curva dei rendimenti: il campanello d’allarme più efficace
La curva dei rendimenti rappresenta la differenza tra i tassi d’interesse a breve termine e quelli a lungo termine dei titoli del Tesoro USA. In condizioni normali, i rendimenti a lungo termine sono superiori a quelli a breve. Ma quando questa relazione si inverte – cioè quando i rendimenti a breve superano quelli a lungo – si parla di curva dei rendimenti invertita.
Questa inversione è tra i segnali più affidabili di recessione imminente: si è verificata prima della crisi del 2008, dello scoppio della bolla dot-com nel 2001 e persino prima della Grande Depressione del 1929.
Lo schema storico: inversione → recessione entro 12 mesi
L’inversione della curva non scatena una recessione immediata, ma è il primo anello di una catena. Di norma, entro 12 mesi dall’inizio del fenomeno, l’economia inizia a rallentare. Questo perché, quando i tassi a breve sono più alti, il credito diventa più costoso e meno accessibile: le banche erogano meno prestiti, gli investimenti calano, la spesa si riduce.
Al contrario, quando la curva si raddrizza o si irrigidisce (steepening), con tassi a breve più bassi rispetto a quelli a lungo, si crea un ambiente favorevole alla crescita.
Situazione attuale: la curva si sta normalizzando, ma la minaccia non è passata
L’inversione è iniziata alla fine del 2022. La sua normalizzazione è cominciata solo nell’ottobre 2024, troppo recente per poter escludere il rischio. Se consideriamo il classico ritardo di 12 mesi tra inversione e impatto sull’economia, il periodo critico si estende fino a ottobre 2025.
Ma allora perché l’economia non è già entrata in recessione? La risposta richiede un’analisi più approfondita dei fattori che hanno sorretto la crescita americana nonostante il segnale di allerta.

Fattori che hanno “sospeso” la recessione
1. Un mercato del lavoro insolitamente forte
Nel 2022, le offerte di lavoro erano ai massimi storici. Le aziende stavano ancora assumendo in massa per rimpiazzare il personale perso durante la pandemia. Questo ha dato sostegno alla crescita e contenuto la disoccupazione.
Oggi, però, il quadro è cambiato: i posti vacanti sono scesi del 30% rispetto a due anni fa. La domanda di lavoro resta elevata, ma meno intensa, e questo potrebbe rendere l’economia più vulnerabile nei prossimi mesi.
2. Margini di profitto aziendali ai massimi storici
Un altro motivo per cui le imprese non hanno ancora licenziato in massa è che i margini di profitto sono rimasti molto alti. Solitamente, prima di una recessione, le aziende iniziano a subire una contrazione dei margini e reagiscono con tagli ai costi, soprattutto sul personale.
Al contrario, nel contesto attuale, i margini hanno raggiunto livelli record tra fine 2023 e inizio 2024, mantenendosi ancora elevati.
3. Il ruolo dei dazi e delle politiche commerciali
Un elemento di rischio è rappresentato dai nuovi dazi imposti dall’amministrazione Trump, che potrebbero erodere i margini nei prossimi mesi, soprattutto nel settore manifatturiero. Se questo avverrà, potrebbe fungere da innesco per una serie di licenziamenti e spingere l’economia verso la contrazione.
La previsione: cosa aspettarsi entro la fine del 2025?
Siamo nel bel mezzo della “zona d’incertezza”: quel periodo critico in cui la curva dei rendimenti potrebbe ancora rivelarsi predittiva. L’attuale crescita del PIL USA, attorno al 2%, e un tasso di disoccupazione al 4,2%, sono numeri sani. Ma storicamente, quando la curva si è invertita, il deterioramento dell’economia si è spesso manifestato a distanza di mesi, non subito.
Il conto alla rovescia è partito: ancora cinque mesi per scoprire se la curva aveva ragione
Se entro ottobre 2025 l’economia americana non mostrerà segni di recessione, allora potremo parlare di un’eccezione storica. In caso contrario, assisteremo all’ennesima conferma della potenza predittiva di questo strumento macroeconomico.
Strategia per gli investitori: tra gestione del rischio e opportunità
Nessuna previsione è infallibile. Anche un indicatore preciso come la curva dei rendimenti può sbagliare. Il segreto, per chi investe, è la gestione del rischio. Oggi molti operatori si stanno posizionando per un nuovo bull market entro la fine del 2025, scommettendo sulla tenuta dell’economia.
Chi investe dovrebbe mantenere un approccio flessibile: restare aggiornato sui dati macro, monitorare i profitti aziendali e valutare i rischi legati al mercato del lavoro. La strategia vincente è quella che riesce ad adattarsi ai cambiamenti.
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