Nel 2008, la Cina ha introdotto il più grande pacchetto di stimoli al mondo, permettendo al paese di essere l’unico a crescere dell’8,7% nel 2009 e del 10,4% nel 2010. Questo passo audace è stato intrapreso per evitare una profonda e lunga recessione globale. Tuttavia, ha comportato un sostanziale aumento del debito pubblico, uno scenario che la Cina vuole evitare questa volta.
Il contesto storico
Alla vigilia della crisi finanziaria del 2008, la situazione in Cina era stabile. L’economia era in crescita ad un ritmo dell’8% e nelle due decadi precedenti, l’economia cinese si era affermata come un attore importante nell’economia mondiale, cambiando la distribuzione delle attività economiche a livello globale.
Quando gli Stati Uniti nel 2008 si trovavano nella più profonda depressione a causa della grande crisi finanziaria, si chiese al governo cinese di intervenire in modo aggressivo, iniettando circa 586 miliardi di dollari nel sistema. Una parte di questi fondi è stata utilizzata per acquistare obbligazioni governative statunitensi in dollari, mentre un’altra parte è stata destinata a finanziare la costruzione di ferrovie, autostrade e porti, allo scopo di sviluppare la logistica per il trasporto di merci.
Questo intervento ha stimolato la domanda di materie prime e ha evitato il peggior crollo dell’economia mondiale. Tuttavia, ha anche portato la Cina ad indebitarsi pesantemente, raddoppiando il rapporto debito/PIL rispetto all’anno precedente. L’accumulo rapido di debito è stato il prezzo che la Cina ha dovuto pagare per stimolare la sua economia e salvaguardare l’economia globale dalla crisi finanziaria del 2008.
La situazione attuale
Oggi, la Cina si trova in una situazione diversa rispetto ai paesi occidentali. L’economia e i principali indicatori economici della Cina stanno crescendo, principalmente guidati dal consumo e dai servizi. L’abbandono della politica Zero Covid, avvenuto nel dicembre 2022, ha portato e sta portando i suoi benefici. L’inflazione nel paese è moderata e quindi permette alla Banca Centrale di non essere austera nelle decisioni di politica monetaria, a differenza delle banche centrali occidentali.
La possibilità che il governo decida di non iniettare ulteriore liquidità nel sistema potrebbe effettivamente portare a una riduzione della spesa dei consumatori, che si tradurrebbe in una diminuzione della domanda globale di beni e servizi. Di conseguenza, le esportazioni verrebbero ridotte con una conseguente diminuzione della produzione mondiale.
Le possibili ripercussioni
Paesi come gli Stati Uniti o la Germania, che esportano una vasta gamma di prodotti agricoli, industriali, automobilistici e di attrezzature pesanti in Cina, potrebbero essere particolarmente colpiti. Ad esempio, Infineon, il principale produttore tedesco di semiconduttori, ottiene circa il 38% dei suoi ricavi dal solo mercato cinese.
Anche alcune economie asiatiche con una grande esposizione ai servizi di consumo cinesi potrebbero subire un impatto negativo. Si pensi a Thailandia, Giappone, Singapore e Indonesia. Un altro aspetto riguarda il turismo in uscita, che potrebbe effettivamente rallentare.
Inoltre, la domanda di materie prime che la Cina importa in grandi quantità, come oro, carbone e petrolio, potrebbe diminuire. Di conseguenza, paesi come Australia, America, Brasile e Russia potrebbero essere fortemente colpiti. Questo potrebbe tradursi in una diminuzione dei prezzi delle materie prime, che a sua volta porterebbe a una riduzione dei prezzi alla produzione e dei prezzi al consumo, ovvero dell’inflazione, fornendo ulteriore aiuto al rallentamento, che in realtà sta già avvenendo.
L’impatto sui mercati finanziari
Se guardiamo l’indice cinese CSI 300, notiamo che gran parte dell’impulso rialzista che è iniziato nel dicembre 2022 è stato effettivamente assorbito, anche se ora sembra che ci siano i primi segni di un rimbalzo. Gli investitori hanno ancora bisogno di fidarsi dei dati macroeconomici per tornare a investire in Cina.
Riflessioni Finali
Oggi, il panorama globale si presenta diverso rispetto al passato, con la Cina che sembra non essere disposta a ripetere le azioni intraprese durante la crisi finanziaria del 2008. Questa volta, il mondo potrebbe dover affrontare le sfide economiche senza il sostegno finanziario cinese.
L’attuale situazione economica cinese, caratterizzata da una crescita guidata dal consumo e dai servizi, e una moderata inflazione, potrebbe portare il governo a decidere di non iniettare ulteriore liquidità nel sistema. Questa decisione potrebbe avere ripercussioni significative a livello globale, con una possibile riduzione della domanda di beni e servizi e una conseguente diminuzione delle esportazioni e della produzione mondiale.
Paesi come gli Stati Uniti e la Germania, così come alcune economie asiatiche e produttori di materie prime, potrebbero essere particolarmente colpiti da questa decisione. Anche il turismo in uscita dalla Cina potrebbe subire un rallentamento.
In definitiva, il mondo si trova di fronte a una nuova sfida economica, in cui la Cina potrebbe non svolgere il ruolo di salvatore come in passato. Questa è una situazione che merita un’attenzione e un’analisi continue nei mesi a venire.
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