Difficile comprendere, ad oggi, la strategia del Presidente Trump, il quale, attraverso Twitter, ogni giorno rilascia dichiarazioni che scuotono, talvolta anche in modo significativo, i mercati. Non più tardi di 24 ore fa il Presidente aveva parlato di probabile accordo con la Cina, ben disposta dopo l’incontro tra i rappresentanti dei due paesi a Shangai.
Ieri sera, un’altra bomba sparata a mercati aperti, ha creato scompiglio, con una dichiarazione che introduce di fatto, su una parte delle tariffe già imposte ai Cinesi, quella da 300 miliardi di dollari, una addizionale del 10% a partire dall’inizio di settembre. E per fortuna che ha parlato di una “piccola tariffa addizionale” su 30 miliardi di beni circa.
Il mercato ha avuto una reazione improvvisa, specie quello valutario, con EurUsd che ha fatto 50 pips immediati insieme ad una discesa di UsdJpy, in pieno risk aversion, con il mercato azionario che ha perso velocemente più dell’1.5% negli Usa e un dollaro australiano che è crollato in pochi minuti dell’uno per cento. Se da un lato è vero che il Presidente, durante questa prima parte del suo mandato, è riuscito ad ottenere risultati raramente visti in passato, dall’altra parte non si riesce a comprendere questa ossessione dei dazi fino a rischiare di spezzare una corda che si può rompere. Non sappiamo ad oggi, quali siano gli effetti dei dazi applicati solo qualche mese orsono ma certamente si tradurranno anche in un aumento dei costi sui consumatori americani. I dazi avrebbero lo scopo di provocare quell’effetto sostituzione, più volte richiamato dal Presidente, che creerebbe le condizioni per un deciso miglioramento della bilancia commerciale, oggi in passivo di 55 miliardi di dollari al mese. In sostanza l’aumento dei costi dell’import, che in definitiva dovrebbe scaricarsi soprattutto sui consumatori finali, dovrebbe rendere convenienti, secondo lo spirito della norma, le produzioni nazionali degli stessi beni. Ma innanzitutto, i tempi per arrivare ad una sostituzione della produzione nazionale di un bene non sono rapidi. Secondariamente, c’è un effetto reciprocità che provoca inevitabilmente un aumento dei costi dell’export. In terzo luogo, ed è quello su cui vogliamo concentrarci ora, c’è un effetto sul dollaro che non si deve sottovalutare. Da quando è partita questa guerra commerciale, il dollaro si è apprezzato decisamente su tutte le valute, assumendo i contorni di un vero e proprio free fall di alcune valute come sterlina, dollaro australiano, dollaro neozelandese e in parte anche l’Euro, il che, da un punto di vista del commercio, riduce l’appetibilità dei prodotti Usa sui mercati internazionali. Per cui tutto il lavoro del Presidente per ottenere un beneficio dai dazi, rischia di venir compromesso dalla rivalutazione del biglietto verde. Non a caso il Presidente accusa la Fed di essere la causa di questa rivalutazione, ma in questo momento, i mercati, stanno guardando più agli effetti negativi dei dazi su Aud, Nzd, e Sterlina (che è colpita anche dalle incertezze relative alla Brexit), piuttosto che ai tassi Usa.
Quindi, almeno in questa ultima fase, è più debolezza di queste valute, che forza intrinseca e attuale del biglietto verde. Ne è riprova il fatto che, con il taglio dei tassi di due giorni orsono da parte della Banca Centrale Usa, si pensava che il dollaro potesse ritracciare, ed invece ha continuato a salire e la ragione è da ricercare proprio nel fatto che sono i dazi a contribuire a creare panico sul mercato e a rafforzare il biglietto verde, tanto che anche noi ci siamo sbilanciati parlando di possibili accordi simil Plaza nei prossimi mesi se il dollaro continuerà ad apprezzarsi. E Trump, continuando ad alimentare questa tensione, non fa altro che peggiorare la situazione sui mercati, specie quello valutario. Quando sarà chiaro che i dazi avranno effetti anche sul consumatore Usa, questo quadro sarà probabilmente più chiaro a tutti. L’altro aspetto che non bisogna sottovalutare è che finora i cinesi hanno sopportato le esternazioni del Presidente Usa, senza eccessivamente mostrare irritazione, e soprattutto senza utilizzare l’arma del deprezzamento dello Yuan, che vien mantenuto all’interno di un range 6.85/6.95. Ma se scatenassero una svalutazione competitiva, le tariffe verrebbero completamente annullate dall’effetto tasso di cambio. Il Presidente Usa però, continua ad esternare e i mercati, soprattutto ad Agosto, mese in cui la liquidità tradizionalmente diminuisce, possono subirne contraccolpi. Pertanto suggeriamo attenzione, soprattutto nell’utilizzo della leva finanziaria.
Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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