Avevamo, in sede di presentazione della giornata di ieri, ipotizzato di poter assistere ad una giornata interessante, e così in effetti è stato, perché le price actions sono state veramente sorprendenti.
Il mercato sta vivendo una fase in cui la logica classica nell’analisi degli effetti dei dati macro, sembra essere andata a farsi benedire, ovvero una fase di cambiamento della logica utilizzata fino ad oggi (anche se il “si è sempre fatto così” rappresenta un mantra ormai superato nei mercati moderni) per comprendere gli effetti di un evento, ma sono cambiate anche le correlazioni intermarket, ovvero quelle tra i diversi mercati.
I dati sui prezzi al consumo Usa, in un mercato che storicamente si è basato sulle aspettative legate ai tassi di interesse, avrebbero dovuto spingere il dollaro al rialzo in modo significativo e importante, e dobbiamo dire che la prima reazione ai dati americani è stata positiva per il biglietto verde, il quale però poi si è ribaltato e ha cominciato a scendere in modo strutturale, arrivando contro euro vicino ai minimi dell’anno (massimo per EurUsd ovviamente) posti a 1.2519. Ebbene, voi penserete che questo movimento sia legato ad una discesa del mercato azionario, ovviamente, date le correlazioni esistenti (equity in ribasso = avversione al rischio = acquisto di valute rifugio = acquisto di euro valuta rifugio e vendita di dollari in quanto valuta da investimento), ed invece scoprirete che la giornata di ieri ha mostrato una borsa euforica che ha chiuso ampiamente positiva. Il Dow Jones, solo per fare un esempio, dopo i dati, è prima sceso a 24.305 per poi salire quasi a 25.000, circa 700 punti, ovvero circa il 2.8%.
Borse euforiche e dollaro in ribasso di fronte a cosa?
Al fatto che l’inflazione Usa è salita sopra il 2% quando le attese erano per un incremento all’1.9%, cioè al fatto che la Fed molto probabilmente quest’anno porterà i tassi abbondantemente sopra al 2% con 4 possibili rialzi. Almeno queste sono ora le previsioni delle grandi case di investimento. Cioè siamo di fronte ad un qualcosa di nuovo, effettivamente, in termini di correlazioni e soprattutto di logica, secondo quella che è la nostra esperienza.
Che spiegazione possiamo darci a questo anomalo, per noi, movimento?
Di fronte ad un allargamento della forbice dei tassi a favore del dollaro, siamo qui a commentare una discesa del biglietto verde di quasi l’1.8% nei confronti dell’Euro, moneta che ancora ha un Qe aperto e che non è ancora stato eliminato. Ricordiamo altresì che tassi americani sopra al 2% e intorno al 2.25%, dovrebbero a rigor di logica, penalizzare le borse e anche le aspettative di crescita, in quanto peggioreranno per esempio le condizioni del credito nel mercato immobiliare, da sempre uno dei mercati principali da osservare e l’avversione al rischio dovrebbe essere un elemento a sfavore delle borse e quindi, in questo una logica del ribasso del dollaro c’è, anche del biglietto verde.
La spiegazione che viene fornita dai commenti in generale sul ribasso della divisa Usa è legata alle aspettative di tapering della Bce e della crescita robusta nel vecchio continente, e probabilmente al fatto che qualcuno pensa che dopo questi 4 rialzi la Fed si affretterà ad abbassare il costo del denaro per prevenire un rallentamento economico che per molti, è inevitabile.
Qualcuno ieri, tra i grandi analisti, si è addirittura affrettato a spiegare l’andamento dei mercati parlando di stagflazione negli Stati Uniti, ovvero stagnazione accompagnata ad alta inflazione. Da questo punto di vista quindi, questi movimenti sconterebbero la fine del ciclo espansivo Usa, contro un rafforzamento di quello del vecchio continente. Tutto ciò è interessante a potrebbe fornire una spiegazione abbastanza plausibile al cambiamento delle correlazioni intermarket a cui stiamo assistendo, ma forse non sufficiente per spiegare l’andamento del mercato valutario, che vede una valuta che in prospettiva diventa più appetibile in termini di remunerazione, scendere in modo impulsivo nei confronti di un’altra che di appetibile, in termini di remunerazione, è praticamente zero e che tale rimarrà ancora per quest’anno. C’è qualcuno che mente, nel senso che o l’equity dovrà ricominciare a scendere in modo deciso, e allora comprendiamo gli acquisti di valute rifugio, oppure il dollaro dovrà frenare la sua corsa al ribasso.
Oggi non ci sono dati rilevanti, e il mercato vivrà ancora momenti di tensione sul biglietto verde. Il Dollar index si trova a circa 0.30% dai minimi dell’anno a 88.15 e una violazione di questo livello aprirebbe la strada al test di 87.75 e 87.00. I movimento quindi non sembrano essersi esauriti.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
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