
Negli ultimi anni il metallo giallo ha superato la performance dell’S&P 500. Ma cosa sta realmente accadendo nei mercati e perché le banche centrali stanno accumulando oro come non accadeva da mezzo secolo? Scopriamolo
Un confronto sorprendente: oro vs S&P 500
Se nel 2000 un investitore avesse allocato 10.000 euro in un fondo indicizzato su S&P 500, oggi il suo capitale sarebbe cresciuto fino a circa 75.000 euro. Un ottimo risultato, se si considera il potere del reinvestimento nel tempo.
Ma se quella stessa somma fosse stata investita in oro, il valore oggi supererebbe 136.000 euro. Il cosiddetto bene rifugio per eccellenza ha più che raddoppiato i rendimenti delle migliori aziende del mondo.
Questo scenario non è sempre stato così. Tra il 1990 e il 2000, le azioni americane hanno registrato un ritorno complessivo del 460%, mentre l’oro ha perso oltre un terzo del suo valore. Due cicli completamente opposti: un decennio di dominio azionario seguito da un lungo periodo in cui il metallo prezioso ha preso il sopravvento.
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L’influenza dei conti pubblici americani sull’oro
Per capire perché l’oro si trovi oggi in un nuovo ciclo rialzista, è necessario analizzare una variabile spesso trascurata: il bilancio del governo statunitense.
Negli anni ’90, gli Stati Uniti hanno vissuto una fase di forte disciplina fiscale. Tra il 1992 e il 2000, il deficit federale di 300 miliardi di dollari si è trasformato in un surplus di 240 miliardi.
Quella solidità contabile ha rafforzato il dollaro, spingendo le banche centrali globali ad aumentare le proprie riserve in valuta americana: la quota in dollari nei bilanci delle banche centrali passò dal 30% a quasi il 50%. Con la crescita della fiducia nel dollaro, l’interesse per l’oro è crollato e il prezzo del metallo giallo ha subito un calo di oltre il 30%.
Oggi lo scenario è esattamente l’opposto. Da oltre 25 anni, gli Stati Uniti operano in deficit cronico, con un debito pubblico che ha superato i 37.000 miliardi di dollari. E quando le finanze pubbliche si deteriorano, la fiducia nel dollaro si indebolisce, inducendo le banche centrali a cercare un’alternativa: l’oro.
Le banche centrali stanno riscrivendo le regole del mercato dell’oro
Dal 2010, le banche centrali sono tornate ad essere acquirenti netti di oro, e la tendenza si è intensificata in modo straordinario negli ultimi anni.
Dal 2022, gli acquisti annuali hanno superato le 1.000 tonnellate, un ritmo mai registrato negli ultimi 55 anni. Oggi, gli istituti centrali rappresentano quasi un quarto della domanda mondiale di oro.
Questo fenomeno ha trasformato il metallo prezioso in un asset strategico, non più solo un rifugio contro la volatilità, ma anche una riserva di valore geopolitica.
Paesi come Cina, India, Turchia e Russia stanno accumulando oro per ridurre la propria dipendenza dal dollaro, in risposta alla crescente frammentazione finanziaria globale.
L’ascesa dell’investitore retail: la febbre dell’oro in Asia
Non sono solo le banche centrali a guidare la corsa all’oro. Negli ultimi mesi, anche gli investitori privati si stanno muovendo in massa.
In Cina, ad esempio, le famiglie hanno riversato oltre 6 miliardi di dollari in ETF fisici sull’oro soltanto nella prima metà del 2025.
Questi strumenti permettono di esporsi al prezzo dell’oro senza detenere lingotti fisici, eliminando i costi e i rischi di stoccaggio.
La combinazione di acquisti istituzionali e retail ha portato il rapporto S&P 500/Oro ai minimi degli ultimi cinque anni. Tradotto: l’oro non era mai apparso così forte rispetto alle azioni in tempi recenti.
Due possibili scenari per il futuro
Da questo punto in avanti, il mercato potrebbe prendere due direzioni distinte:
1. Deficit elevati, oro ancora vincente
Secondo il Congressional Budget Office, i deficit federali americani resteranno oltre i 2.000 miliardi di dollari l’anno per il prossimo decennio. In tale contesto, il dollaro continuerà a indebolirsi, rafforzando la tesi a favore dell’oro come bene di riserva globale.
Gli analisti stimano che, se la domanda istituzionale resterà elevata, il rapporto oro/azionario potrebbe continuare a spostarsi a favore del metallo giallo.
2. Ritorno alla disciplina fiscale
Se invece gli Stati Uniti riuscissero a contenere il debito e a migliorare il proprio bilancio pubblico, si assisterebbe a una riacquisizione di fiducia nel dollaro e nei Treasury. In questo caso, le banche centrali ridurrebbero gli acquisti di oro, spostando capitali verso le azioni e le obbligazioni, che tornerebbero ad essere più appetibili.
Conclusione: l’oro come termometro della fiducia globale
Il comportamento dell’oro non è casuale: riflette la fiducia nel sistema finanziario mondiale.
In un’epoca di debiti crescenti, guerre valutarie e tensioni geopolitiche, il metallo giallo rappresenta una copertura contro l’incertezza.
Che si tratti di un nuovo super-ciclo dell’oro o di una fase temporanea, una cosa è certa: gli investitori stanno riconsiderando il valore reale della sicurezza.
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