Perdere denaro non fa male solo al portafogli, ma anche al cervello. Secondo uno studio, la perdita di denaro porta ad sofferenza al cervello, provando proprio un dolore emotivo.
Da alcuni anni studi sull’attività cerebrale hanno rivelato che il cervello umano ha risposte precise di fronte a situazioni come perdite, guadagni e rischi. Sappiamo ad esempio che esiste un fenomeno chiamato “avversione alle perdite“, per il quale perdite e guadagni non hanno lo stesso valore: perdere 100 euro fa più male rispetto alla gioia di vincere la stessa somma.
Il cervello non ama il rischio e attiva l’amigdala (è una parte del cervello che gestisce le emozioni) che in maniera del tutto istintiva porta a prendere decisioni che prediligono la cautela anche quando sarebbero convenienti.
Se siete propensi a rifiutare la possibilità di vincere o perdere 100 euro al 50%, è perché l’amigdala si accende a segnalare proprio l’avversione all’idea di non avere un vantaggio. Perdere infatti genera un vero e proprio dolore emotivo. Tanto che, paradossalmente, il pensiero di perdere porta talvolta a rinunciare a vincere.
Per alleviare il dolore della perdita di 100 euro dobbiamo vincerne almeno 225 euro. Il rapporto con i soldi, dunque, non è precisamente freddo e matematico, ma intervengono a gamba tesa anche le emozioni.
Il nostro cervello emotivo è progettato per evitare le perdite, la maggior parte delle persone si comporta in modo irrazionale, nel senso che preferiscono guadagnare di meno pur di evitare le potenziali perdite. La decisione di investire è fortemente influenzata dall’esito del turno precedente. Dopo una operazione persa, cioè, la volontà di investire nella successiva diminuisce significativamente.
I risultati hanno indicato che donne vivono le perdite economiche in modo più traumatico (22% contro il 16% degli uomini), ma i maschi cadono nella trappola dell’eccessiva fiducia in sé stessi tendendo a sopravvalutare la propria capacità di controllare gli eventi e sottovalutano i rischi.
Inoltre l’uso di denaro elettronico tramite carte di pagamento fanno “soffrire” di meno di fronte ad un pagamento in denaro contante. Spendere una moneta elettronica non ha lo stesso costo psichico dello spendere una moneta vera.
Da qui nasce l’esigenza di studiare strategie per mascherare i pagamenti, diminuire la resistenza a spendere e a sopportare le perdite.