Nato nel 1987 come consorzio volontario, oggi si tratta di un fondo obbligatorio di diritto privato.
Le banche che vi hanno aderito si impegnano a fornire le risorse necessarie a tutelare i risparmiatori.
In pratica, il Fondo non ha già in cassa i soldi che servono a coprire i crack, ma in caso di necessità le banche “sopravvissute” si impegnano a fornirli.
Un particolare che, fino al recente decreto con cui il Governo si è impegnato ad aggiungere la garanzia dello Stato sui conti correnti, non destava preoccupazioni di sorta. Anche perché, se a “saltare” è una banca piccola, in teoria le difficoltà non ci sono, mentre il problema si pone se in difficoltà vanno i principali colossi bancari del nostro paese.
A dicembre 2006 le risorse del Fondo erano pari “solo” a 1,5 miliardi di euro, una cifra ben lontana dai depositi esistenti nelle grandi banche italiane. Per salvaguardare i risparmiatori, lo scorso 9 ottobre il Governo italiano ha esteso la tutela dello Stato al Fondo, qualora non fosse in grado da solo di far fronte ai rimborsi.
Ma attenzione la protezione vale solo sul denaro liquido sul conto corrente e non certamente sugli importi vincolati nei numerosi altri servizi che questa tipologia di banche offre, come ad esempio:
- Pronti contro termine;
- Fondi comuni;
- Mutui;
- Obbligazioni;
- ETF, cowered warrant, Azioni, …
In verità, se vogliamo dirla proprio tutta nemmeno i risparmi coperti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi sono al sicuro al 100%… Infatti si tratta di una copertura di tipo ex post, infatti il FITD non ha un suo patrimonio quindi i fondi di copertura non sono accantonati precedentemente al fallimento ma sono raccolti fra le banche aderenti solo successivamente l'evento fallimentare.
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