Il presidente Donald Trump ha annunciato l’introduzione di dazi del 25% su tutte le automobili e componenti importati negli Stati Uniti, a partire dal 3 aprile. La misura coinvolge indistintamente Canada, Messico e tutti i principali partner commerciali, senza alcuna esenzione.
Queste nuove tariffe si aggiungono ai dazi preesistenti, come il 2,5% già in vigore e la storica “chicken tax” del 25% sui pickup leggeri, istituita nel 1964. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Trump, i dazi resteranno attivi per tutta la durata del suo mandato presidenziale.
Una mossa destinata ad avere ripercussioni significative non solo sul settore automobilistico globale, ma anche sugli equilibri geopolitici e sulle relazioni commerciali internazionali.
Le reazioni internazionali: prime crepe nei rapporti diplomatici
La risposta più immediata è arrivata dal Primo Ministro canadese Mark Carney, che ha definito i dazi “una violazione dell’accordo commerciale” e ha lasciato intendere ritorsioni commerciali imminenti.
Dal fronte europeo, l’ACEA (Associazione Europea dei Costruttori di Automobili) ha espresso forte preoccupazione, sottolineando l’impatto dannoso non solo per le case automobilistiche europee, ma anche per l’intera filiera produttiva statunitense, che dipende fortemente da componenti importate.
Alcuni commissari della Commissione Europea hanno confermato l’intenzione dell’UE di reagire in modo proporzionato, alimentando ulteriormente le tensioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico.
Trump, in risposta, ha rilanciato la sfida: se Unione Europea e Canada dovessero “coalizzarsi per danneggiare economicamente gli USA“, la sua amministrazione potrebbe alzare ulteriormente le tariffe doganali.
Crollo in Borsa per i titoli auto: il sell-off colpisce duro
Le reazioni dei mercati finanziari non si sono fatte attendere: il comparto automobilistico globale ha registrato una giornata nera. I titoli delle principali case europee hanno segnato cali significativi:
- Stellantis: -4,60%
- Porsche: -4,20%
- Ferrari: -3,00%
- Mercedes-Benz: -2,80%
- BMW: -2,00%
- Volkswagen: -1,50%
Anche le big americane sono state penalizzate, in particolare quelle che vantano una forte presenza produttiva in Messico:
- General Motors: -6,00% (premarket)
- Ford: -2,50% (premarket)
Entrambe le aziende possiedono numerosi stabilimenti in Messico, ora esposti al pieno impatto dei dazi. GM opera a Silao, Ramos, San Luis e Toluca, mentre Ford è presente a Cuautitlán, Hermosillo e Irapuato.
In controtendenza Tesla, che ha mostrato un leggero rialzo dello 0,80% nel premarket, complice la sua produzione prevalentemente domestica e l’assenza di impianti produttivi in Messico.
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L’analisi di IG: impatto severo ma forse temporaneo
Secondo Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, è difficile immaginare che queste misure possano restare in vigore fino alla fine del mandato presidenziale. Le pressioni interne da parte dei produttori automobilistici statunitensi, insieme a quelle esterne da parte di governi e lobby industriali, potrebbero costringere l’amministrazione a rivedere la propria posizione nel medio termine.
Tuttavia, nel breve periodo l’effetto sui mercati sarà inevitabilmente negativo. Il comparto automobilistico, sia in Europa che negli Stati Uniti, dovrà fronteggiare una nuova fase di incertezza e potenziale rallentamento. Particolarmente esposte risultano le economie di Canada e Messico, fortemente dipendenti dal commercio automobilistico con gli USA.
Riflessioni Finali
L’introduzione di dazi del 25% da parte di Trump per il settore auto rappresenta un colpo duro per l’equilibrio commerciale internazionale. I mercati hanno già scontato l’annuncio con vendite massicce nel comparto auto, ma molto dipenderà dalle prossime mosse diplomatiche e dalla capacità degli attori globali di negoziare compromessi.
L’incertezza resta alta, e gli investitori dovranno monitorare con attenzione l’evolversi delle tensioni geopolitiche nei prossimi mesi.
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