La Federal Reserve (Fed) ha centrato il bersaglio con i tassi di interesse, ottenendo il livello previsto e dissipando le previsioni di una diminuzione dei tassi per l’intero anno. Tuttavia, la missione dei decision-maker non è conclusa. Le previsioni indicano una pausa nel ciclo di innalzamento dei tassi nel corso della riunione di giugno della Fed.
Le attese sulla politica monetaria in vista di dati economici forti
Alla luce dei recenti solidi dati economici e dei ritardi variabili tra le decisioni di politica monetaria e i loro risultati, prevediamo che la Fed adotterà una politica di attesa.
Nel contesto dell’attuale inflazione continua, dati economici discordanti e tensioni nel mercato del lavoro, molti ipotizzano un ulteriore aumento dei tassi durante l’incontro di luglio. Non è una prospettiva remota. Tuttavia, Jerome Powell necessita di più tempo. Le pressioni sulle banche regionali americane si sono alleviate e le considerazioni macroeconomiche hanno ripreso a guidare la politica monetaria. È nell’interesse della Fed attendere e verificare se i servizi seguiranno il rallentamento del settore manifatturiero, se il recente ripresa del settore immobiliare sarà confermata e, più importante, se il mercato del lavoro mostrerà alla fine segni di stanchezza.
Nonostante ciò, l’incontro di mercoledì dovrebbe avere toni hawkish, per evitare l’impressione che il lavoro sia finito quando l’inflazione di base non è ancora scesa sotto il 5%.
Ripetizione per la BCE
Il ciclo di inasprimento monetario in Europa ha avuto inizio quattro mesi dopo quello della Fed, e senza grossi intoppi, però ora si sta facendo sentire.
Gli indicatori principali (in particolare i PMI manifatturieri) e la decrescita della richiesta di credito da parte di famiglie e imprese (la richiesta netta di credito è scesa a 0 lo scorso mese) evidenziano che il rigore sta dando i suoi frutti. Anche l’espansione della tendenza deflazionistica, con i recenti dati sull’indice dei prezzi al consumo, deve essere stato un grande sollievo per Francoforte. Nonostante ciò, giovedì la BCE dovrebbe innalzare i tassi di deposito di altri 25 punti base. Il tasso di deflazione è stato inferiore alle aspettative, ma il livello di inflazione è ancora alto (6,3% in Germania e 5,1% in Francia per l’inflazione totale su base annuale). Questi livelli richiedono una continua vigilanza. Il 5% è una soglia chiave, correlata a un aumento più omogeneo dei prezzi di beni e servizi e a un legame più stretto con i salari. La rigidità del mercato del lavoro europeo sta portando a un’inflazione salariale più persistente, che sta crescendo al ritmo del 5% su base annua. Di conseguenza, i salari reali (aggiustati per l’inflazione) potrebbero avvicinarsi a livelli positivi, stimolando così la spesa dei consumatori. Questo potrebbe a sua volta far salire l’inflazione core.
È probabile che anche l’incontro di luglio veda un aumento dei tassi di deposito di 25 punti base da parte della BCE, forse per l’ultima volta, se la tendenza deflazionistica sarà confermata.
In questo senso, Christine Lagarde è riuscita (finora) a portare a termine il suo ciclo di inasprimento monetario senza la comparsa di squilibri nel sistema, nonostante un anno fa l’UE fosse considerata la regione meno pronta per un ciclo di inasprimento.
Ripercussioni sui mercati
Il ritmo con cui i tassi di politica monetaria vengono innalzati sta rallentando o addirittura si sta fermando, ma ciò non indica la fine del ciclo di aumento dei tassi. Le banche centrali sono dipendenti dai dati economici, quindi dobbiamo essere pronti a diversi scenari.
In questa situazione, prediligiamo le obbligazioni core con scadenze lunghe e intermedie (tra i 5 e i 10 anni). Le scadenze più brevi sono troppo influenzate dalla volatilità dei dati economici (occupazione, stipendi, indicatori anticipatori).
La conferma del rallentamento dell’economia e del ritmo della deflazione spingerà i tassi d’interesse a livelli molto più bassi. Al contrario, se l’economia mostrasse segni di resistenza più forti, le banche centrali sarebbero spinte a innalzare ulteriormente i tassi, il che a sua volta metterebbe pressione sui rendimenti delle obbligazioni a più lungo termine, dal momento che un inasprimento più deciso aumenterebbe la probabilità di un forte rallentamento dell’economia
Kevin Thozet, membro del Comitato Investimenti di Carmignac
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