Il 2022 vede il verificarsi di una serie di concomitanze eccezionali, non riferibili ad alcuna altra epoca storica consimile. Come tale, è molto complicato riferirsi ai modelli previsionali del passato.
La variabile critica fondamentale è quella determinata dalla pandemia, che è andata a sovrapporsi e aggravare problemi storici strutturali (quali la ciclicità nella carenza dei semiconduttori), e ad impattare su interventi di politica monetaria di dimensione inconsueta.
Il tutto in una situazione geopolitica che vede vaste aree del mondo in pericolosa instabilità. Possiamo dire, con molta tranquillità, che il sogno di una globalizzazione armonizzatrice del benessere mondiale, che per un attimo era affiorato all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, se mai esistito realmente, è seppellito per sempre.
Nelle scelte di portafoglio, è necessario dotarsi di mezzi sempre più raffinati.
Nel comparto azionario, è interessante esaminare, fra le molte variabili, anche il cosiddetto buyback da parte delle aziende quotate. E vale la pena di spendere due parole su tale fenomeno.
Il riacquisto di azioni proprie è sempre più frequente da parte delle grandi società statunitensi. Gli investitori e i trader possono derivare utili informazioni per l’acquisto di azioni o opzioni su azioni, sulla base delle notizie rilasciate sul buyback da parte delle società quotate.
Il riacquisto di azioni proprie da parte di una azienda quotata fa assumere a quest’ultima, sul mercato, il ruolo di acquirente. E il venditore delle azioni può essere chiunque, privato investitore piuttosto che società o istituzionale.
La società che effettua il buyback utilizza le proprie riserve di cassa dai suoi utili non distribuiti: una volta acquistate, le azioni vengono letteralmente “assorbite” dalla società, vale a dire a tutti gli effetti ritirate dal mercato e non sono più disponibili per la vendita, perché è illegale per le società detenere azioni proprie.
L’effetto voluto di un buyback è quindi che il numero totale di azioni sul mercato azionario disponibili per la negoziazione diminuisce. L’obiettivo è quello di aumentare il valore per gli azionisti sulle azioni rimanenti sul mercato: una forma di investimento dei fondi in eccesso.
In genere, la scelta di destinare detti fondi al buyback è il risultato di un processo decisionale, sulla base del quale la società ha stimato che il prezzo delle proprie azioni sul mercato è troppo basso.
Le azioni vengono così acquistate ad un prezzo basso, permettendo così il buyback di un numero ampio di azioni, con l’obiettivo di aumentarne il valore futuro a disposizione degli azionisti.
È evidente, a questo punto, la convenienza di seguire i buyback delle società per determinare se lo stesso può contribuire favorevolmente ad un aumento del valore delle sue azioni: se l’operazione è ben congegnata e le valutazioni fatte dalla società sono fondate e realistiche, tutte le metriche della società, a livello di valutazione, possono beneficiarne.
La diminuzione del patrimonio netto conseguente all’impiego della liquidità per assorbire azioni dal mercato, permetterà a parità di utili futuri conseguiti di avere un ritorno percentuale sul capitale netto più alto, perché ci sono meno azioni in circolazione e meno capitale proprio. Il rendimento sul patrimonio della società risulterà migliorato.
Migliorerà anche il ritorno sulle attività della società, in conseguenza della diminuzione di liquidità conseguente al buyback.
Inoltre il riacquisto di azioni proprie è un indizio di fiducia del management nel futuro dell’azienda e mostra che l’attuale prezzo di mercato rappresenterà un buon investimento. E un flusso di acquisti da parte degli investitori che seguono i buyback delle società rafforzerà il prezzo del titolo.
Ci sono delle controindicazioni a seguire i buyback?
Se non ci fossero, non ci sarebbe più il mercato perché troveremmo una impossibile via della certezza per trarre profitto.
Il management della società che decide il buyback può sbagliare le sue valutazioni: per esempio acquistando le azioni ad un prezzo sbagliato, ad esempio considerandole sottovalutate quando non lo sono. In questo caso l’impiego maldestro della liquidità in eccesso, rispetto ad alternative più valide di investimento, può addirittura danneggiare il titolo.
Alle volte troviamo utilizzi maldestri del buyback fatti per ragioni sbagliate: come ad esempio aumentare gli utili per azione perché la retribuzione dei manager ha dei bonus correlati a tale valore.
Altro utilizzo di dubbia efficacia è quando il buyback viene realizzato con operazioni basate su denaro preso a prestito gravato di interessi, che finiranno per ridurre il rendimento per gli azionisti.
Alle volte il buyback è il risultato di una sostanziale mancanza di immaginazione del management, per non fare del denaro un utilizzo molto più produttivo, allo scopo di espandere l’attività.
In conclusione, il buyback può portare grandi benefici agli investitori, o può danneggiarli, come in qualunque scelta effettuata dal management dell’azienda. È una delle ragioni per sottoporre la valutazione dei buyback a idonei sistemi di monitoraggio, per contribuire alle operazioni di screening sulle azioni da inserire in portafoglio.
Il tutto asseverato ad una valutazione grafica di prezzo e volume. Ne è uscito un sistema di trading ad alta profittabilità e potenzialità
Report curato dall’Istituto Svizzero della Borsa, il portale della Conoscenza e della Cultura finanziaria. Sito: www.istitutosvizzerodellaborsa.ch
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